Il Nicaragua e le elezioni di novembre: quale impatto sulla regione e sui rapporti internazionali?5/11/2021
a cura di Andrea Barbato Dopo diversi anni di apparente stabilità, dal 2018 il Nicaragua è tornato ad essere un attore sotto osservazione dalla comunità internazionale. L'ondata di proteste e di rivendicazioni sociali iniziata ormai quattro anni fa, ha riacceso vecchi conflitti irrisolti dando vita ad un rapido e progressivo deterioramento del sistema democratico. Oggi, in vista delle elezioni generali del 7 novembre 2021, il paese centroamericano si presenta come uno dei più preoccupanti scenari di crisi nel mondo. Il Nicaragua è sempre stato uno dei paesi più instabili della regione centroamericana e, in generale, di tutta l'America Latina. Scenario di lunghi e sanguinosi conflitti civili, oggetto di interferenza statunitense durante l'amministrazione Reagan, nell’ambito della lotta alle guerrillas attraverso i contras, con quello che sarebbe poi diventato famoso come l'iran-contra affair. Protagonista, inoltre, di uno dei pochi conflitti interstatali combattuti sul suolo americano, nel contesto della guerra civile di El Salvador (dal 1979 al 1992). Da quando i Sandinisti, guidati da Daniel Ortega, hanno ripreso il potere nel 2007, il Paese ha vissuto un progressivo declino sotto tutti i punti di vista. Dal 2018, alle ondate di proteste che si sono susseguite, il governo ha risposto con una repressione drastica e violenta, che ha provocato numerosi morti, feriti, incarcerazioni arbitrarie e casi di tortura. Nel 2019, complici le forti pressioni esterne, il governo sandinista e l'alianza civica, ovvero l'opposizione, si sono resi protagonisti di un importante processo di de-escalation volto a favorire una stabilizzazione politica nel paese, ma i risultati sono stati pochi e decisamente temporanei. Nel 2020, soprattutto in seguito alla promulgazione di alcune leggi con chiari intenti discriminatori e volti a marginalizzare le opposizioni, la situazione politica nel paese è degenerata in una vera e propria crisi. Se già nel 2018 la comunità internazionale aveva reagito condannando fermamente la deriva anti-democratica, negli ultimi due anni l'involuzione ha subito un'accelerazione disarmante, diventando oggetto di numerosi appelli da parte di più attori internazionali. A partire dai primi mesi del 2021, in particolare a partire da maggio 2021, quando le autorità giudiziarie nicaraguensi hanno ordinato l’arresto di 37 figure di primo piano delle opposizioni, queste ultime sono progressivamente sparite. Il 7 agosto 2021, il principale partito d'opposizione è stato escluso dalla competizione elettorale, certificando ufficialmente il percorso verso una campagna presidenziale priva di alcun presupposto democratico. Il Nicaragua è una delle economie più fragili e deboli al mondo. Già prima della pandemia, il paese stava attraversando una dura recessione, la crisi sanitaria non ha fatto altro che esacerbare una situazione già ai limiti. L'impatto della pandemia sul piano economico è ben identificabile nelle previsioni della Banca Mondiale per il secondo semestre del 2021, durante il quale ci sarebbe da aspettarsi il terzo peggior dato al mondo, dopo Haiti e il Venezuela, per quel che riguarda la crescita del PIL. Comprendere l'attuale, tremenda, crisi politica e sociale del paese centroamericano senza essere a conoscenza della gravità della sua crisi economica sarebbe impossibile. Se il consenso di Daniel Ortega era già in netto calo prima dell'inizio della recessione, con l'inizio di quest'ultima e con il suo acuirsi durante la pandemia, per Ortega era diventato ormai impossibile risalire nei sondaggi. Per le prossime elezioni in Nicaragua si prospetta una facile vittoria per Ortega e per i Sandinisti, soprattutto considerato che le poche opposizioni lasciate libere di competere vengono identificate come politicamente amichevoli nei confronti del governo sandinista. Lo scenario che verrà a delinearsi, frutto di una progressiva involuzione democratica che ha ormai affossato ogni forma di opposizione, è motivo di estrema preoccupazione. La stabilità politica, economica e sociale sembra essere attualmente irraggiungibile e, in un contesto di importanti cambiamenti politici nella regione centroamericana con le recenti elezioni in El Salvador e le imminenti elezioni in Honduras, sarà interessante analizzare i nuovi equilibri sub-regionali e regionali. Sarà necessario, inoltre, comprendere e prevenire le conseguenze immediate di queste elezioni presidenziali. Prima fra tutte, la crisi umanitaria che è già in corso e che, parallelamente al grave esodo da Haiti, sta ponendo numerosi interrogativi sulla gestione dei flussi migratori verso gli Stati Uniti e, in misura minore rispetto a prima, verso Costa Rica. In un contesto così complesso, va ricordato che queste elezioni potrebbero provocare effetti interessanti sui delicati equilibri politici regionali, soprattutto all’interno del grande arco della sinistra latinoamericana. Ortega rappresenta da sempre uno dei nodi divisivi tra la sinistra cosiddetta “radicale” (facendo riferimento riferimento a quello spettro politico guidato in particolare dal Venezuela di Chavez e dalla Bolivia di Morales) e quella “moderata” (guidata da Lula in Brasile, ma anche dall’attuale Fernandez in Argentina). In effetti, dal Gruppo Puebla, che avrebbe la funzione di riunire i leader della sinistra latinoamericana, non è arrivata una reazione unitaria agli avvenimenti in Nicaragua. Se Evo Morales dalla Bolivia ha espresso ulteriormente un sostegno rafforzato alla “rivoluzione sandinista” di Ortega, dall’altro lato Lula, Fernandez e Lopez Obrador hanno criticato la deriva autoritaria. Se dalle Nazioni Unite sono arrivate continue condanne soprattutto in relazione alla preoccupante situazione dei diritti umani nel paese, l'Unione Europea, sin dal 2018, concretizza il suo dissenso attraverso sanzioni nei confronti di individui considerati protagonisti della deriva autoritaria nicaraguense. Come nella maggior parte dei casi, le sanzioni costituiscono un mezzo molto debole, poco incisivo sul piano strutturale: nonostante ciò, l'Unione Europea ha deciso di continuare a limitarsi all’uso delle sanzioni per condannare il Nicaragua, prorogando di un anno le misure restrittive. Sarà interessante analizzare in che modo l'UE, in sinergia con gli Stati Uniti, con il Canada e con i principali attori regionali latinoamericani, possa giocare un ruolo da protagonista nel futuro prossimo del Nicaragua, un ruolo più incisivo e politicamente influente, in un paese che rischia di essere, sempre di più ed insieme ad Haiti, l'epicentro di una preoccupante ed insidiosa crisi regionale.
|
|