a cura di Edoardo Tagliabue La Cina sta osservando attentamente quanto sta succedendo in Europa orientale, con l’insorgere del conflitto tra Ucraina e Russia. Da diversi anni la Russia e la Cina stanno intensificano i loro sforzi per ridurre il potere americano, mentre gli Stati Uniti affrontano ora la sfida più complicata per il loro primato globale dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Il destino dell'Ucraina è parte integrante di questa rinnovata competizione tra grandi potenze. La gestione ambigua degli Stati Uniti nel pieno sostegno militare all’Ucraina, dal rifiuto di istituire una “no-fly-zone”, alla bocciatura dell’invio dei jet polacchi MIG-29 all’aviazione ucraina per conto della NATO, potrebbe fornire delle indicazioni alla Cina su quanto Washington effettivamente difenderebbe Taiwan da un eventuale invasione cinese. Questo rende la crisi ucraina un banco di prova cruciale del potere globale degli Stati Uniti: prima la narrazione del concetto di America First adottata da Donald Trump nelle questioni estere e poi il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan dell’amministrazione Biden, hanno alimentato la percezione a livello internazionale che gli Stati Uniti si stiano dirigendo verso il declino della propria forza globale; considerata una nazione troppo divisa al suo interno e stanca di sostenere i suoi impegni oltre oceano. Questa narrazione, sembra aver preso piede all'interno della leadership cinese ed è diventata un tema regolare della propaganda ufficiale di Stato. Lo Stretto di Taiwan, che separa l'isola dalla Cina, è stato — ed è tutt’ora — un potenziale punto di conflitto, dato l’aumento delle tensioni negli ultimi due anni. Pechino invade regolarmente, con propri aerei militari (39 nel mese di gennaio scorso) lo spazio aereo di Taiwan, tenendo esercitazioni militari pericolosamente vicine all’isola in un apparente tentativo di intimidire il governo democratico di Taipei. Xi Jinping afferma ripetutamente che un’eventuale unificazione tra Pechino e Taipei debba avvenire in modo pacifico, ma la posizione aggressiva ha sollevato il timore a Taiwan che il leader cinese stia meditando un’invasione per reclamare la provincia ribelle. La Cina sostiene che Taiwan stia andando sempre di più verso una direzione dannosa per gli interessi nazionali di Pechino; proprio come l'Ucraina si è allontanata sempre più dall'orbita di influenza di Mosca. La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, da quando è stata eletta nel 2016 ha cercato di ridurre la dipendenza dell'economia dalla Cina, rafforzando anche i legami con gli Stati Uniti e altri Paesi in chiave anti-cinese. Anche gli Stati Uniti hanno cercato di intensificare sempre di più i legami tra Washington e Taipei: ufficialmente, gli Stati Uniti sostengono ancora di linea della “One China Policy” e non riconoscono formalmente il governo di Taipei. Tuttavia, nel 2020 l’amministrazione Trump ha inviato un membro del gabinetto a Taipei: si trattava del funzionario americano di rango più elevato inviato da oltre quarant’anni. Lo scorso dicembre, inoltre, Biden ha invitato Taiwan al Summit for Democracy per rinnovare le democrazie nel mondo e affrontare le derive autoritarie. La politica di lunga data di “ambiguità strategica” su questo punto è progettata come deterrente all'azione militare cinese. Pechino dovrebbe supporre che invadere Taiwan potrebbe coinvolgerla in una guerra con gli Stati Uniti, poiché Washington ha probabilmente più ragioni e interessi a combattere per Taiwan che per l’Ucraina: il sistema traballante delle alleanze in Asia-Pacifico, così come le catene di approvvigionamento cruciali per i semiconduttori e altri componenti high-tech, possono indubbiamente coinvolgere gli interessi nazionali americani. Ely Rather, assistente segretario alla Difesa per gli affari di sicurezza nell’Indo-Pacifico, ha testimoniato in seno al Comitato per le relazioni estere del Senato che Taiwan fa parte di una rete di alleati e partner per gli Stati Uniti che è fondamentale per la sicurezza della regione e critica per la difesa degli interessi vitali degli USA nell’Indo-Pacifico. La NATO non ha un equivalente in Asia e sotto certi aspetti questo vuoto può dare a Washington una maggiore libertà d’azione, e nel caso di Taiwan, gli Stati Uniti potrebbero trovare maggiore sostegno dagli alleati regionali per una posizione più forte. Per esempio, lo scorso luglio, Tarō Asō (allora vice primo ministro del Giappone) ha dichiarato che il suo governo si sarebbe unito agli Stati Uniti nella difesa di Taiwan qualora l'isola fosse stata attaccata dalla Cina. Risulta chiaro, quindi, che per il Giappone (l’altra potenza dell'Asia orientale) la sicurezza di Taiwan è vista come un interesse nazionale e anche questa posizione giapponese potrebbe fungere da deterrente per Pechino. Inoltre, personalità nel settore della difesa, sostengono che Pechino e Mosca potrebbero coordinare i loro attacchi; o meglio, la Cina potrebbe approfittare della distrazione di una guerra europea per fare pressione militare su Taiwan. Alla luce di tutto questo, Xi Jinping esaminerà la situazione in Ucraina per ottenere informazioni utili su quali strumenti Biden impiegherà per fare pressione sulla Russia, quanto sia disposto a rinunciare ad un potenziale compromesso con Putin e quanto efficacemente lavori con gli alleati in Europa. Il leader cinese cercherà quindi di misurare il livello di determinazione americana. Xi e gli altri leader che si oppongono agli interessi degli Stati Uniti possono trarre conclusioni su come l’amministrazione Biden stia operando e soprattutto su come gli Stati Uniti gestiscano le crisi militari a livello internazionale. Ciò che si può dire con maggiore certezza è che la questione ucraina e Taiwan mettono in risalto l’instabilità di potenza egemone del sistema internazionale da parte degli Stati Uniti. Sistema che vista l’invasione russa e un’ipotetica invasione cinese potrebbe disfare le tese reti di alleanze che sostengono l'ordine mondiale americano e inaugurare una nuova era di conflitto e instabilità globale.
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