La crisi post-elettorale nella Repubblica Centrafricana: tra instabilità ed emergenza umanitaria27/2/2021
a cura di Angela Centurione A seguito delle elezioni presidenziali del 27 dicembre 2020, la Repubblica Centrafricana (RCA) è diventata teatro di continui scontri e di una grave crisi umanitaria che la comunità internazionale sembra ignorare. Il conflitto vede da una parte le forze governative che appoggiano il presidente Faustin-Archange Touadéra, eletto per un secondo termine, e dall’altra le coalizioni dei gruppi armati che rifiutano l’esito delle elezioni e appoggiano l’ex presidente François Bozizé, ora accusato di colpo di stato. Il persistere della crisi ha spinto il presidente a dichiarare lo stato di emergenza e ad accettare l’aiuto degli alleati stranieri per cercare di mantenere la direzione del paese, ora controllato per i due terzi dai ribelli. Nelle settimane immediatamente precedenti alle elezioni la situazione era già molto tesa: a causa della precaria situazione di sicurezza nel paese solamente un cittadino su tre ha potuto votare, mentre il 14% dei seggi elettorali è rimasto chiuso. La Coalizione dei patrioti per il cambiamento (CPC), un’alleanza tra le sei milizie principali del paese, si è fatta portatrice di diversi attacchi in segno di protesta contro la decisione della Corte costituzionale di escludere dai candidati François Bozizé, che con un colpo di stato nel 2003 si era imposto come presidente del paese. Nel 2013 Bozizé aveva lasciato la RCS dopo che il gruppo ribelle Séléka, una coalizione a maggioranza musulmana, aveva attaccato numerose città scatenando una guerra civile. Le azioni del gruppo Séléka avevano portato alla creazione di una coalizione ad essa opposta, l’Anti-Balaka, a maggioranza cristiana. Bozizé, accusato di appoggiare l’Anti-Balaka, era stato sottoposto a delle sanzioni da parte delle Nazioni Unite, provvedimento che ha spinto la Corte costituzionale a negarli la possibilità di correre per la presidenza. Gli scontri tra i ribelli e le forze governative, iniziati il 3 gennaio 2021, hanno visto i lealisti dell'ex Presidente François Bozizé attaccare e prendere il controllo di diverse importanti città, tra cui Bangassou e Bouar. Le gravi violazioni dei diritti umani da parte dei ribelli e la carenza di cibo e aiuto umanitario causata dal blocco delle principali vie commerciali hanno costretto quasi più di 200.000 persone alla fuga. Tra questi, decine di migliaia hanno cercato rifugio nei paesi vicini: Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Repubblica del Congo. Per di più, secondo le Nazioni Unite, metà della popolazione è diventata dipendente dagli aiuti umanitari. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha condannato le violenze e gli attacchi dei ribelli, augurandosi l’apertura di un dialogo tra le parti. Prospettiva che sembra ancora molto lontana e che evidenzia sempre di più la fragilità del potere di Touadéra, costretto a rimanere nella capitale Bangui. La capitale è stata più volte soggetta ad attacchi da parte dei ribelli, che sono stati respinti dalle forze armate del paese, appoggiate dai 12mila caschi blu delle Nazioni Unite e dai rinforzi mandati da Russia e Ruanda. Anche la Francia, accusata più volte dal presidente Touadéra di ambiguità nel suo appoggio al governo, si è apertamente schierata con le forze governative e ha condannato l’attività del CPC. Tuttavia, l’aiuto militare francese si è ridotto al minimo dopo un iniziale appoggio nelle settimane precedenti le elezioni. A difendere e ad appoggiare concretamente il governo di Touadéra sono rimaste le due alleate del RCA: Ruanda e Russia. L’aiuto militare da parte del Ruanda è in linea con la strategia del presidente Paul Kagame di accrescere i rapporti tra i due paesi: già nell’ottobre 2019 la RCA e il Ruanda hanno stipulato accordi economici e militari che prevedono, tra l’altro, l’accesso da parte del governo ruandese alle risorse minerarie del paese centrafricano. Per quanto riguarda invece l’appoggio della Russia, questo si è esplicitato con l’invio di 300 istruttori militari e centinaia di soldati appartenenti non alle forze armate regolari ma al Wagner Group, organizzazione paramilitare privata molto vicino al Cremlino. L’alleanza tra la RCA e Mosca risale al 2017, quando il governo russo aveva sostenuto il governo di Touadéra in cambio di importanti concessioni minerarie. Le relazioni tra due paesi si sono poi fatte più strette quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato una missione di addestramento russa per implementare la capacità delle forze armate del paese. In seguito, nel 2019, un’ex spia russa si è affermata come consigliere di Touadéra per la sicurezza nazionale, mentre il gruppo privato Wagner ha assunto sempre più importanza nella sicurezza personale del presidente. La RCA gioca infatti un ruolo importante nel piano strategico di Mosca, volta ad imporsi in aree di interesse occidentale e ad accrescere la sua influenza politica ed economica nel continente africano. Non solo il paese centrafricano ha considerevoli risorse come uranio, oro e diamanti, ma è anche una porta di accesso a paesi ricchi di materie prime come il Camerun e il Congo-Brazzaville. Lo scenario che si profila non lascia molto spazio all’ottimismo: la Repubblica Centrafricana è uno dei paesi africani più poveri e instabili, un paese che è stato segnato da otto anni di guerra civile e che ora deve fare i conti con una rinnovata violenza. Se le elezioni del 27 dicembre avevano fatto sperare in un passo avanti verso la pace e la stabilità del paese, il conflitto che ne è derivato ha esposto le vulnerabilità non solo del governo, ma anche della missione di pace delle Nazioni Unite inviata a seguito del colpo di stato del 2013. Nonostante Touadéra goda dell’appoggio delle Nazioni Unite e di altri attori internazionali, è improbabile che il CPC deponga le armi. I ribelli hanno la possibilità di appropriarsi di aree ricche di materie prime e di controllare la principale via che collega il paese con il Camerun. Tuttavia, una prospettiva di cambiamento sarà plausibile solo se le forze alleate e altri attori regionali incrementeranno il loro coinvolgimento nella crisi.
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