a cura di Mario Ghioldi A causa di molteplici fattori, sia riguardanti la politica interna che estera, le elezioni parlamentari del 15 luglio nella Macedonia di Nord sono state di rilevante importanza per tutta la regione balcanica. Anzitutto il voto, al quale il paese si è interfacciato per la prima volta con il nuovo nome, rappresentava un banco di prova rilevante per il governo uscente del socialdemocratico Zaev e per la sua politica euro-atlantica. In secondo luogo altri elementi non secondari, come le forti influenze delle minoranze albanesi nello scenario politico, la gestione della campagna elettorale durante la pandemia e lo svolgimento della tornata elettorale in un giorno feriale (per la prima volta nella recente storia del paese balcanico), hanno reso ulteriormente complesso ed imprevedibile l’esito delle elezioni. Secondo i primi dati, i socialdemocratici (SDSM) dell’ex primo ministro Zaev hanno ottenuto una vittoria di stretta misura sui conservatori nazionalisti del Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (VMRO), la principale formazione di opposizione. In questo contesto, le tematiche riguardanti l’adesione macedone all’asse euro-atlantica e quelle riguardanti l’inclusione politica delle minoranze albanesi hanno ricoperto un ruolo fondamentale. Riguardo al primo punto, l’avvicinamento graduale di Skopje all’Unione Europea ed alla NATO ha influenzato fortemente la vita politica del paese, Lo stesso cambio ufficiale del nome da Macedonia a Macedonia del Nord dello scorso 11 febbraio rientra nell’ottica di avvicinamento alle istituzioni europee ed atlantiche. Di fatti, attraverso tale cambiamento, il governo macedone ha messo fine ad una disputa ventennale con la Grecia, la quale esercita il potere di veto per l’annessione di nuovi membri all’interno delle menzionate organizzazioni. La mossa del governo macedone (fortemente criticata dai nazionalisti dell’opposizione) ha portato ad un decisivo avvicinamento soprattutto nei confronti della NATO, la quale il 6 febbraio dell'anno scorso ha visto i rappresentanti permanenti dei 29 Stati membri dell’organizzazione atlantica firmare il protocollo di accesso con Skopje: processo dia desione conclusosi quest'anno a marzo, con la Macedonia del Nord divenuta il 30esimo membro dell'Alleanza Atlantica. Differentemente, con l’Unione Europea i negoziati sono ancora in corso. Proprio le negoziazioni con Bruxelles testimoniano l’importanza della politica estera nel panorama politico del paese. Le elezioni anticipate erano state provocate proprio dalle dimissioni di Zaev l’autunno scorso in seguito alla mancata decisione del Consiglio europeo di aprire i negoziati per l’adesione all’UE. Tale situazione ha fatto sì che la repubblica sia stata guidata negli ultimi mesi da un governo tecnico di coalizione presieduto dall’ex ministro dell'Interno Oliver Spasovski. Come precedentemente affermato, l’altra tematica chiave all’interno delle elezioni macedoni ha riguardato il ruolo delle minoranze albanesi e dei loro movimenti politici, divenuti ancor più rilevanti di fronte alle debolezze dei socialdemocratici del SDSM e dell’opposizione nazionale-conservatrice della VMRO. Se infatti i primi sono stati ridimensionati negli ultimi due anni da vari scandali nel settore della giustizia, i secondi, orfani del loro leader Gruevski (ex premier macedone in esilio a Budapest), hanno avuto lo svantaggio di non presentare un candidato forte. Di fronte a ciò, le alleanze pre e post elettorali con i partiti albanesi risultano fondamentali. In questo contesto, i socialdemocratici hanno creato per la prima volta una coalizione con il partito albanese Besa, formando un accordo di rilevanza storica. Tale alleanza non ha compreso l’altra importante formazione albanese di Ali Ahmeti, l’Unione democratica per l’integrazione (DUI), già partner di minoranza nello scorso governo Zaev. Dal punto di vista numerico la coalizione a guida socialdemocratica ha ottenuto il 36% dei voti, staccando di poco più di un punto percentuale la coalizione nazional conservatrice fermatasi al 34,5%. Entrambi le parti hanno avuto una leggera flessione rispetto alle tornate elettorali precedenti: se SDSM e Besa hanno ottenuto 46 seggi (8 in meno rispetto al passato), la VMRO avrà 44 seggi (meno 7 rispetto alla legislatura precedente). Considerando tale scenario, le due principali forze sono molto lontane dalla maggioranza assoluta parlamentare rappresentata da quota 61 seggi sui 120 disponibili. Al calo del SDSM e VMRO fa da contro altare l’exploit della storica formazione albanese DUI, la quale ha ottenuto 5 seggi in più rispetto al passato, per un totale di 15 membri parlamentari. Tenendo in considerazione i risultati elettorali, la formazione del nuovo governo dovrà implicare un nuovo accordo tra la coalizione socialdemocratica ed il movimento albanese del DUI. Nonostante nella scorsa legislatura il premier Zaev abbia trovato una convergenza con il gruppo politico albanese, le negoziazioni attuali risultano più complicate. Di fatti, il leader del DUI Ali Ahmeti, ha più volte dichiarato nelle scorse settimane come una coalizione si possa formare solamente a condizione che il nuovo premier sia un albanese. Inoltre, considerando i nuovi rapporti di forza all’interno del parlamento, la coalizione socialdemocratica dovrà anche cercare l’intesa con un altro partito di minoranza albanese, Alleanza-Alternativa (AA) di Ziadin Sela, che ha raccolto l’8,5% dei voti e 12 seggi. In questo scenario politico poco stabile, nel quale la coalizione maggioritaria dovrà concedere notevoli aperture alle minoranze albanese al fine di creare un solido governo, un segnale importante è stato inviato da Bruxelles. Come dichiarato dalla Commissione Europea il 16 luglio, il giorno dopo le elezioni, l’Unione Europea ha messo a disposizione 80 milioni di euro per assistere economicamente Skopje. Tale supporto, che rientra nel quadro di aiuti europei alle regioni geograficamente “vicine” colpite dalla pandemia, è un chiaro indizio della volontà di Bruxelles di continuare le negoziazioni con la Macedonia del Nord. Perciò il futuro governo macedone (probabilmente di stampo socialdemocratico), dovrà essere capace di guidare il paese nel periodo decisivo verso l'integrazione nella NATO e l’avvicinamento all’UE, tenendo conto del precario equilibrio presente all’interno propria coalizione, nella quale dovrà soprattutto confrontarsi con i movimenti della minoranza albanese e le loro peculiari esigenze.
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