a cura di Massimo Spinelli Nel Brasile martoriato dalla pandemia di COVID-19 che sembra non voler rallentare, il Presidente della Repubblica Federale, Jair Bolsonaro, non ha intenzione di fare alcun passo indietro rispetto alla sua posizione negazionista, nemmeno quando il paziente finisce per essere lui stesso. Ad oggi, il Brasile è tra gli stati maggiormente colpiti a livello globale dal virus SARS-CoV2, contando ormai quasi 2 milioni di casi (dati dell’osservatorio per la diffusione del COVID-19 della Johns Hopkins University). Profonde disuguaglianze sociali, difficoltà economiche già risalenti al periodo pre-pandemia e forme di razzismo strutturale all’interno della società brasiliana, figurano tra le cause principali dell’esponenziale rapidità con la quale il virus si diffonde tra la popolazione. Oltre alle cause sistemiche del propagarsi della malattia però, certamente una gestione politica della pandemia quantomeno discutibile, da parte del presidente e del suo governo, non può passare sottotraccia. Le prime avvisaglie della direzione verso la quale il paese stesse andando, si erano registrate a fine marzo, quando dopo le consuete critiche ai media, colpevoli, secondo il presidente, di ingigantire ogni questione solo per attaccarlo, Bolsonaro si affrettava a bollare il Coronavirus come una “febrizinha”, ovvero una semplice influenza. Già a partire dalla prima settimana di aprile, nonostante lo sforzo comunicativo del presidente, i sondaggi (DataFolha) sul gradimento del suo approccio all’imminente pandemia evidenziavano un drastico malcontento nei suoi confronti. Lo stesso disappunto popolare veniva riflesso in uno smisurato supporto (oltre il 70% di gradimento) per la figura del Ministro della Salute in carica in quel periodo: Luiz Henrique Mandetta. Arrivati a metà aprile, i casi acclarati aumentavano a una velocità straordinaria, e proprio mentre la cifra scollinava le 30.000 unità, Bolsonaro decise di licenziare il suo Ministro della Sanità per divergenze di opinione. In particolare, il capo di stato brasiliano non accettava pareri contrastanti riguardo ai temi del distanziamento sociale, da lui considerato inutile, e sull’utilizzo dell’idrossiclorochina, farmaco antimalarico già sperimentato nell’ambito della terapia anti-Covid senza successo, come dimostrato da diversi studi. Aprile non è certo stato un mese facile per il presidente brasiliano, il quale, dopo il licenziamento di Mandetta, ha dovuto fare fronte anche alle inaspettate dimissioni del popolarissimo Ministro della Giustizia Sèrgio Moro, simbolo e uomo forte delle istituzioni nazionali. Moro aveva deciso di abbandonare la sua carica conseguentemente al licenziamento del capo della polizia federale, avvenuta, secondo l’ex magistrato, per ragioni puramente politiche. Nell’ambito dell’avvicendamento alla testa dei ministeri, Nelson Teich venne indicato come nuovo Ministro della Sanità. Sfortunatamente per Bolsonaro, l’oncologo originario di Porto Alegre non rimarrà in carica nemmeno un mese, in quanto anche lui opterà per le dimissioni, rassegnate al capo dello stato il 15 maggio. Le ragioni che portarono Teich a maturare la sua scelta, risultarono essere molto simili a quelle che già portarono al licenziamento di Mandetta. Da quel momento in avanti, la carica è stata ricoperta dal Generale Eduardo Pazuello, nominato ministro ad interim. In un contesto politico rovente dovuto alle continue richieste di impeachment presentate al congresso, l’isolamento politico prodotto dalle sue controverse manovre di potere autoritario, e le inimicizie con svariati giudici della corte suprema, Bolsonaro si era affacciato al mese di giugno con diverse questioni da affrontare in tempi stretti. Proprio nei primi giorni del mese, lo stesso Bolsonaro decise unilateralmente di oscurare i dati del report quotidiano del Ministero della Salute sui numeri dei casi positivi, e delle vittime della pandemia. I dati, per decisione della corte suprema brasiliana, sarebbero stati di nuovo resi visibili poco dopo, a partire dall’otto giugno. Giunti a questa fase della pandemia, i contagi risultavano essere circa 615.000, mentre le vittime superano quota 34.000. Mentre l’Organizzazione Mondiale del Commercio rivedeva ulteriormente al ribasso le stime di crescita del Brasile per il 2020, ormai arrivate a -7.7%, il presidente continuava a portare avanti la sua personale battaglia per la minimizzazione della minaccia portata dal virus. Questa volta, a cadere vittima della sua crociata, è stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità, rea, secondo Bolsonaro, di essere semplicemente un’istituzione faziosa, burattino di alcune super potenze, che rilascia pareri senza elementi che ne possano provare la veridicità. In seguito al comunicato della stessa OMS che descriveva il Brasile come “paese fortemente a rischio” e “non pronto ad una riapertura, nemmeno parziale, delle attività produttive”, il presidente ha minacciato di ritirare il Brasile dall’organizzazione. Negli ultimi 20 giorni la situazione è peggiorata notevolmente, con nuovi record nei numeri delle persone contagiate e delle vittime, quest’ultime arrivate, il 24 giugno, addirittura a toccare quota 1364 in sole 24 ore. Queste si aggiungevano al computo totale dei morti, che si assestava attorno alle 53.000 persone, mentre il numero dei soggetti contagiati arrivava a 1.152.000. Arrivati a oggi, i numeri rimangono altamente preoccupanti e il Brasile, insieme a Perù e Cile, con i suoi quasi 2 milioni di casi accertati e oltre 73.000 vittime, resta uno dei maggiori epicentri della pandemia di COVID-19 a livello globale. Recentemente anche lo stesso Bolsonaro è stato trovato positivo al tampone, fatto che non sorprende in modo sostanziale chiunque abbia seguito l’operato del presidente a partire da marzo. Negazionista per eccellenza, si è sempre rifiutato di indossare mascherine, ha bollato come inutili le norme di distanziamento sociale, e non ha rinunciato a prendere parte a feste e celebrazioni. Noti esempi dei suoi comportamenti sono le numerose manifestazioni pubbliche alle quali ha partecipato, oppure il barbecue che lui stesso aveva organizzato, a bordo di una barca sul lago Paranoà, nei pressi di Brasilia, proprio mentre il conto dei morti a causa della pandemia raggiungeva 10.000. Visti i recenti sviluppi, i critici e i politici si dividono tra coloro che invocano il karma come spiegazione del contagio del presidente, e coloro che si limitano ad augurargli pronta guarigione. Tra questi ultimi, si annovera anche l’ex ministro della giustizia e figura di spicco della politica brasiliana Sèrgio Moro, dimissionario lo scorso maggio. In conclusione, è lecito affermare che il Brasile vive un momento di grande difficoltà sotto tutti i punti di vista. Con il presidente della repubblica federale malato di una “febbriciattola” che, alla data di oggi, ha lasciato dietro di sé quasi 73.000 cadaveri, il gigante sudamericano sembra ancora lontano dal picco dei contagi, e la strada per uscire da questa tempesta perfetta sembra ancora molto lunga.
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