a cura di Enrico Bruni Nella costruzione di una nuova collettività totalitaria, i regimi dittatoriali mirano a sviluppare proficui rapporti con il mondo dell’arte, eccellente veicolo comunicativo dei valori incarnati dal regime ed efficace strumento di materializzazione degli ideali della dittatura. Fu per prima l’Unione Sovietica a incentivare l’uso dell’arte per propagandare l’ideologia comunista, realizzando manufatti di notevole interesse, tra cui ricordiamo il dittico de “L’operaio e la kolchoziana” di Vera Muchina (il cui bozzetto è stato recentemente esposto alla mostra Revolutija al MAMbo di Bologna) e “La Madre Patria chiama!” del memoriale della Battaglia di Stalingrado. Paesi come l’Unione Sovietica e la Cina di Mao hanno dato un fondamentale contributo alla definizione dei canoni del realismo socialista, movimento artistico sviluppatosi anche all’interno della Corea di Kim Il-sung. Nell’abbracciare il linguaggio del realismo socialista, il padre della Patria nordcoreana aveva l’ambizione di creare un nuovo immaginario, capace di rappresentare la Corea agli occhi dei propri concittadini, provati dal processo di costruzione del nuovo Stato socialista, come il miglior posto possibile in cui vivere. Nell’intraprendere questo progetto, le autorità nordcoreane guardarono alla romanità come modello di riferimento per l’arte pubblica, in particolare all’uso degli archi di trionfo per celebrare le glorie del regime (Arco di Trionfo realizzato a Pyongyang dal Mansudae Art Studio), mentre il leader stesso si misurava con gli imperatori cinesi Qin Shihuangdi e Qianlong per quanto riguarda il culto della personalità, da un lato, e la rappresentazione dei mestieri, dall’altro. Per favorire questo programma di elaborazione iconografica della nuova Corea, il regime vide necessario organizzare e riunire gli artisti del paese sotto un unico soggetto che potesse vigilare sul rispetto dei canoni del realismo socialista, che nel frattempo aveva assimilato influenze dal mondo occidentale, sperimentando motivi come colonne, obelischi e torri che andarono a decorare la nuova capitale dopo la devastazione della Guerra (1950-53). Al fine di omologare il panorama artistico del paese, venne istituito nel 1959 lo Studio Mansudae, con sede a Pyongyang. Lo Studio conta all’attivo un numero pari a quattromila dipendenti, di cui circa un migliaio rappresentato da artisti diplomati alla Pyongyang Art School. La creazione del collettivo artistico fu fortemente sostenuta dal dittatore Kim Il-sung, il quale volle affidare a questo nucleo di artisti le più importanti commissioni pubbliche come la realizzazione del Grande Monumento Mansudae, monumento che ospita i due colossi bronzei dei due leader defunti, o della Statua del Chollima, simbolo della velocità dello sviluppo economico del paese. Fin dai primi anni di attività, le ambizioni degli artisti del Mansudae non si sono mai limitate ai confini interni della propria nazione, ma con l’apertura del Mansudae Overseas Project negli anni ‘70, il collettivo si è adoperato per l’internazionalizzazione del proprio marchio distintivo: il realismo socialista. Si possono infatti contare numerosi interventi all’estero: a Francoforte dove allo Studio è stata affidata nel 2006 la ricostruzione della Fontana delle Favole andata distrutta nella II Guerra Mondiale, o le commissioni in paesi africani come la Nigeria dove artisti del Mansudae hanno realizzato il colossale Monumento al Rinascimento Africano di Dakar, completato nel 2009. Le opere del Mansudae sono rimaste a lungo escluse dal mercato internazionale dell’arte, a causa sia delle politiche isolazioniste nordcoreane sia delle sanzioni emanate dalle organizzazioni internazionali. In questo contesto si registra una svolta nel 2005, quando l’italiano Pier Luigi Cecioni è invitato dal viceambasciatore nordcoreano a esibirsi come direttore della Florence Symphonietta all’annuale Festival dell’Amicizia. Durante la permanenza, Cecioni si propone di diventare il tramite tra Oriente e Occidente per la diffusione delle opere degli artisti Mansudae. Tornato nuovamente in Corea nell’inverno del 2006, assieme al fratello Eugenio Cecioni, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze per il triennio 2014-2016, Pier Luigi Cecioni firma con lo Studio un accordo che gli conferisce la qualifica di intermediario ufficiale del Mansudae in Occidente. L’anno successivo viene così progettato il sito ufficiale dello Studio per il pubblico occidentale, e il 17 maggio viene inaugurata la prima mostra di artisti nordcoreani. L’impegno di Cecioni ha permesso la diffusione di queste opere presso il pubblico occidentale, inserendo un elemento di novità nel mercato dell’arte unico nel suo genere. Da una prima osservazione delle opere, colpisce la mancanza di firme: si tratta un’arte anonima, nel vero significato della parola poiché la firma dell’artista è obliterata da quella dello Studio. Lo stile è omologato, non si notano differenze rilevanti tra un artista e un altro. Come evidenziano alcune critiche mosse da esperti del settore, per un pubblico occidentale, tali opere rischiano di apparire come eccessivamente scolastiche e un tantino pretenziose; un linguaggio figurativo elementare per chi in circa un secolo ha spaziato nella diversificazione di linguaggi della contemporaneità. Tuttavia, l’esposizione di opere del realismo coreano garantisce un’ulteriore differenziazione del patrimonio artistico nel mondo occidentale che, sebbene sia estraneo a questa visione di arte totalitaria, ha la necessità di confrontarsi con i registri stilistici degli altri popoli, creando così un ponte tra le frontiere. Operazioni commerciali come quella del Cecioni hanno subito un contraccolpo quando, in risposta al quarto test nucleare sotterraneo realizzato il 6 gennaio 2016 dalla Corea del Nord, la risoluzione n. 2371, 2017 del Consiglio di Sicurezza ONU ha inserito nella lista delle sanzioni il Mansudae Overseas Project, assieme ad altre realtà, invitando a “congelare i fondi e le risorse economiche delle persone ed entità” coinvolte in operazioni di finanziamento della DPRK. Le Nazioni Unite hanno riscontrato che tramite operazioni come la vendita di opere d’arte, il regime dei Kim riusciva ad aggirare le sanzioni, ottenendo finanziamenti da parte di paesi occidentali. Una successiva risoluzione (Risoluzione n. 2375, 2017, par. 18) ha invitato gli Stati a imporre la chiusura entro 120 giorni per le imprese o cooperative che si presume possano essere collegate a entità o individui nordcoreani. Tale risoluzione ha dato origine ad una controversia con la Repubblica Popolare Cinese che ospita nel quartiere artistico di Beijing la Mansudae Art Gallery, galleria che rivendica il ruolo di sede ufficiale dello Studio all’estero. Sebbene in una circolare del Ministero del Commercio Cinese siano state recepite le restrizioni volute dal Consiglio di Sicurezza in merito ai commerci con la DPRK, le autorità cinesi non hanno voluto nominare lo Studio Mansudae tra le organizzazioni a cui le sanzioni erano applicate. Il ministro Gao Hucheng non ha rilasciato dichiarazioni in merito alla decisione. A seguito della pubblicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, il sito creato dai fratelli Cecioni ha modificato il proprio nome da “Mansudae’s official website abroad” in “North Korea Art Gallery” e nelle informazioni riportate la qualifica di Pier Luigi Cecioni come “Western Representative of Mansudae Art Studio” è stata eliminata. A seguito delle sanzioni del 2017, il sito ha interrotto la sua attività di intermediario, in attesa di una riapertura dei mercati. Cecioni ha prospettato la possibilità di nuove aste, potendo disporre di opere precedentemente acquistate; questo sarebbe l’unico stratagemma nell’immediato per aggirare le sanzioni, che non possono avere effetti retroattivi per acquisti già effettuati. La nuova fase di distensione aperta durante la presidenza Trump potrebbe tradursi in un alleggerimento delle sanzioni a carico delle imprese artistiche nordcoreane. Nei prossimi anni potrebbero quindi essere organizzate nuove esposizioni in cui sarà possibile avvicinarsi da una prospettiva esclusiva a un mondo tanto affascinante, quanto inquietante, quale la Corea dei Kim.
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