L’imposizione fiscale nell’era digitale: l’ultimatum dell’UE per la tutela del mercato interno27/6/2021
a cura di Alessandra Mozzi, Osservatorio sull'Unione europea
Tassare l’economia digitale rientra tra gli obiettivi più urgenti in vista dell’attivazione del Programma Digital Europe previsto per il 2021-2027. Secondo Ecofin[1], l’armonizzazione del sistema fiscale, di pari passo con la creazione di un mercato unico digitale europeo, permetterà agli Stati membri di uscire più rapidamente dalla crisi pandemica e di recuperare in tempi brevi il debito creato dal Recovery Fund. Ad oggi, complice anche la pandemia da Covid-19, le imprese appaiono sempre più dematerializzate, mentre il commercio (sia interno che internazionale) punta oramai sui beni c.d. “intangibles”, tra cui rientrano brevetti, know-how e soprattutto big-data. Le piattaforme social, ad esempio, riescono ad accaparrarsi ingenti guadagni tramite l’acquisizione a titolo gratuito dei dati personali degli utenti (compresi quelli sensibili) che poi sono rivenduti sul mercato digitale per scopi pubblicitari, sondaggistici e politici. Tuttavia, però gran parte di questi ricavi fatturati completamente sul web non vengono adeguatamente tassati, poiché le imprese cui sarebbero imputabili riescono facilmente a mobilizzarli da un Paese all’altro, senza essere fisicamente presenti nei territori di produzione. Al riguardo, le multinazionali dell’industria digitale starebbero pianificando la loro presenza fiscale nel mercato globale in maniera “aggressiva”[2], sottraendo cioè buona parte dei loro utili dalla tassazione dei luoghi in cui gli stessi vengono generati. L’effetto deriverebbe da una serie di strategie organizzative che sono state sinteticamente suddivise dall’OCSE nelle definizioni di “base erosion” e in quella di “profit shifting” (BEPS) nell’Action Plan diffuso nel 2013[3], cui fa seguito il piano “Inclusive Framework on BEPS”[4], stilato in accordo con il G20 nel 2019, e rinnovato per il 2020, in cui sono racchiuse alcune delle linee guida volte a costituire un sistema globalizzato di tassazione societaria per il futuro. Il fenomeno della pianificazione aggressiva delle tasse colpisce anche il mercato unico europeo, dove alcuni Stati fungono da veri e propri paradisi fiscali[5] per le aziende del web, che trasferiscano qui i loro utili, prodotti nel resto del territorio comunitario soggetto a tassazione ordinaria, per poi concordare con le amministrazioni conniventi dei trattamenti fiscali agevolati. La questione involge il divieto di dumping vigente nel mercato europeo ed è stata a più riprese affrontata dalla Commissione europea, a partire dalla Comunicazione “Un sistema fiscale equo ed efficace nell’Unione Europea per il mercato unico digitale” (COM (2017)547)[6]. Qui per la prima volta si sono messe in luce le due questioni principali dinanzi alle quali l’equilibrio fiscale europeo è stato posto, ovvero chi e cosa tassare. Si è di conseguenza accolta la terza “sfida”, diretta alla realizzazione di una web-tax su base imponibile unica per tutti i regimi fiscali nazionali (come tassare). A tale intervento hanno fatto seguito nel 2018 due proposte di direttiva: la prima[7]disegna il possibile modello di imposta societaria da applicare a quelle imprese non dotate di una presenza fisica, stabilendo per queste un diverso nesso imponibile individuato nella “presenza digitale significativa”. Con la seconda[8] invece, si tende ad introdurre una misura temporanea (ISD, o imposta sui servizi digitali), in attesa che i negoziati in sede globale portino al raggiungimento di un accordo definitivo sul primo punto. Tuttavia, una certa lentezza dei lavori OCSE/G20, insieme alla crescente preoccupazione per la necessità di nuove risorse nell’area economica europea, hanno spinto l’Unione ad accelerare i lavori per l’adozione della misura temporanea interna, che comunque rimarrà chiaramente distinta rispetto all’imposta societaria. Da poco infatti si è conclusa una consultazione popolare[9] sulla proposta di “prelievo sul digitale”, che dovrebbe essere applicato a tutti quei servizi (pubblicitari, di veicolazione e di trasmissione dati) svolti da qualsiasi impresa mediante l’uso di interfacce multimediali. Questo decisivo passo in avanti dovrebbe avvenire al limite entro il 2023[10], e sarà anticipato dalla consegna della proposta definitiva entro questo giugno, a prescindere da quale sarà l’andamento delle negoziazioni globali. La digitalizzazione dell’economia ha imposto in sostanza di ripensare l’idea classica di “sovranità fiscale”, tipicamente appartenente agli Stati, a favore di una nuova concezione di fiscalità globale/transnazionale, nonostante per ora l’interesse dei singoli ordinamenti a mantenere un certo grado di autonomia nella materia non sembra venir meno. Per quanto le istituzioni europee si sforzino di prediligere approcci multilaterali sul tema, diversi Stati membri (Francia, Italia, Ungheria, Spagna e altri)[11] hanno già adottato proprie forme di prelievo sul digitale, ritrovandosi dinanzi alle reazioni protezionistiche di Stati terzi. È quanto accaduto tra la Francia, primo Paese UE a promulgare una propria tassa sul digitale[12], denunciando l’eccessiva lentezza delle trattative sovranazionali, e gli USA, Paese di origine delle più importanti big-tech attive in Europa. In particolare, la dura reazione della passata amministrazione Trump si è concretizzata nell’imposizione di pesanti dazi alle importazioni francesi, benché si auspica che tale linea difensiva possa essere presto abbandonata dal neo-eletto Presidente Biden. D’altra parte, non è da escludere che proprio un rientro degli USA nell’ambito delle trattative OCSE/G20, da cui si sono tatticamente ritirati lo scorso anno, porti ad una loro conclusione definitiva entro la fine del 2021. Dal sintetico quadro delineato, si evincono ancora troppe incertezze sul futuro di questa “fiscalità 2.0” sussistenti intorno alla questione più importante: chi e a quale livello (nazionale, sovranazionale, globale) spetta il precipuo compito di tassare i colossi del web? Di qui, proverranno infatti le risposte alle ulteriori incognite: quale sarà l’effetto dell’introduzione del prelievo unico europeo sui rapporti con Paesi terzi come gli USA; ed infine, come saranno previste e affrontate le inevitabili contro-strategie che le stesse imprese soggette alle nuove misure metteranno in atto. In breve, è evidente che la questione sulla fiscalità nell’era digitale, lungi dall’avere mera valenza economica, ha assunto peso politico, direttamente proporzionale alla crescita degli interessi legati alla digitalizzazione. In questa prospettiva l’Unione, da attore globale, e da promotrice degli interessi degli Stati che rappresenta, è chiamata a garantire che il cammino verso una digital-tax globale avvenga nel pieno rispetto dei principi che ne hanno connotato l’integrazione fiscale interna: equità, efficienza, effettività. [1]https://tinyurl.com/td592mmv [2] P.Pistone, La Pianificazione fiscale aggressiva e le categorie concettuali del diritto tributario globale, Rivista Trimestrale di Diritto Tributario, 2/2016, https://tinyurl.com/9u65hdpc [3] https://tinyurl.com/r79fjb2z [4] https://www.oecd.org/tax/oecd-secretary-general-tax-report-g20-finance-ministers-october-2020.pdf [5] https://www.camera.it/temiap/2015/02/25/OCD177-980.pdf [6] https://tinyurl.com/2yyp8mvc [7] COM(2018) 147 final, https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:3d33c84c-327b-11e8-b5fe-01aa75ed71a1.0014.02/DOC_1&format=PDF [8] COM (2018) 148 final https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52018PC0148&rid=1 [9] /www.fasi.biz/it/notizie/strategie/22134-digital-tax-usa-negoziati-ocse.html#Marzo2021 [10] EUCO Statement, Dichiarazione dei membri del Consiglio europeo 25 marzo 2021, www.consilium.europa.eu/media/49014/250321-vtc-euco-statement-it.pdf [11] S. Latini, Digital Tax senza confini, IPSOA, 08 gennaio 2021, https://www.ipsoa.it/documents/fisco/fiscalita-internazionale/quotidiano/2021/01/08/digital-tax-senza-confini [12] https://www.ilsole24ore.com/art/web-tax-francia-chiede-imposte-milionarie-big-digitale-AD2ReS4 |
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