A cura di Erika Frontini, Osservatorio sull'Unione europea
Con una sentenza senza precedenti nella storia dell’integrazione europea, lo scorso ottobre la Corte Costituzionale polacca ha portato le tensioni tra questo Paese e le istituzioni europee in materia di stato di diritto ad un nuovo livello. I giudici di Varsavia hanno dichiarato che alcuni articoli dei Trattati sono incompatibili con la Costituzione polacca, aprendo la strada alla disapplicazione delle norme comunitarie da parte delle autorità nazionali. Nello specifico, la sentenza riguarda gli articoli 1 e 19 del Trattato sull’Unione Europea, i quali stabiliscono il primato del diritto europeo su quello nazionale[i]. Questa sentenza marca, di fatto, l’avvenuta negazione di un pilastro fondamentale dell’ordinamento giuridico europeo. La sentenza costituisce un nuovo capitolo di una dinamica di lungo corso che ha più volte visto le autorità polacche violare i principi fondamentali dello stato di diritto. Dalla sua ascesa al governo nel 2015, il partito Diritto e Giustizia è stato accusato di compromettere l’indipendenza del potere giudiziario, la libertà di espressione e alcuni diritti civili. Le istituzioni europee hanno risposto attivando i diversi meccanismi a disposizione, ma con scarso successo, sia perché tali strumenti soffrono di significative carenze strutturali, sia a causa di una debole coesione da parte degli Stati membri, dovuta anche al fatto che quello polacco non è un caso isolato. Migliori risultati potrebbero scaturire dal nuovo meccanismo di condizionalità finalizzato a sospendere l’erogazione dei fondi europei in caso di mancato rispetto dello stato di diritto. Tuttavia, nonostante le crescenti pressioni da parte del Parlamento europeo, la Commissione ha ribadito di non voler attivare tale strumento prima che la Corte Europea di Giustizia si sia espressa sulla sua legalità, nel rispetto di un compromesso raggiunto nel dicembre 2020 con i governi ungherese e polacco, i quali sostengono che all’UE non sia mai stata attribuita la competenza di stabilire come gli Stati membri dovessero dare attuazione allo stato di diritto ed organizzare il potere giudiziario a livello nazionale[ii]. La sentenza di ottobre segue una precedente pronuncia della Corte di giustizia dell’UE che aveva dichiarato l’introduzione di una sezione disciplinare della Corte suprema polacca incompatibile con il diritto europeo, chiedendone l’immediata sospensione[iii]. Tale organo avrebbe la funzione di indagare sugli errori giudiziari dei magistrati, con poteri molto ampi, tra cui la facoltà di avviare procedimenti penali contro i giudici che criticano le riforme giudiziarie e le nomine di cariche pubbliche[iv]. Il governo polacco non ha gradito quella che ritiene un’ingerenza illegittima in una materia di competenza nazionale ed ha quindi invitato il massimo organo giurisdizionale polacco ad esprimersi sul primato del diritto europeo. Tale principio sancisce il valore superiore del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali degli Stati membri e vale per tutti gli atti europei di carattere vincolante. Ne deriva che gli Stati membri non possono applicare norme nazionali di qualsiasi natura se contrarie al diritto europeo[v]. Il principio non è contemplato nei Trattati, ma è stato introdotto dalla Corte di giustizia, in particolare nella sentenza Costa contro Enel del 1964, nella quale la Corte ha stabilito che, al fine di preservare la peculiare natura del diritto comunitario, questo prevale sulle leggi nazionali, anche quelle antecedenti alla firma dei Trattati. Il concetto ha poi continuato a prendere forma nella giurisprudenza della Corte, attraverso un dialogo spesso conflittuale con le corti nazionali. Infatti, sarebbe scorretto affermare che la supremazia del diritto europeo non sia mai stata messa in discussione prima dell’episodio polacco. Negli anni, la definizione di tale principio così come elaborata dalla Corte di giustizia è stata oggetto di contestazioni da parte di diversi tribunali costituzionali, quali, ad esempio, quelli italiano e tedesco. Questi hanno più volte sottolineato l’esistenza di “contro-limiti” alla diretta applicazione del diritto comunitario, che non può porsi in violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale nazionale, come affermato dalla Corte costituzionale italiana nel 1973[vi]. Una posizione ancora più critica si può riscontrare in “Solange I”: partendo dal presupposto che l’ordinamento nazionale e quello comunitario sono due realtà distinte ed autonome, nel 1974 il Tribunale costituzionale tedesco negò l’esistenza di un primato assoluto del diritto europeo fintantoché questo non garantisse un livello di protezione dei diritti fondamentali almeno pari a quello offerto dalla Legge fondamentale tedesca. Pertanto, la corte tedesca avrebbe continuato a verificare la compatibilità delle norme comunitarie con la carta costituzionale[vii]. Nel tempo, i giudici tedeschi hanno assunto toni più conciliatori, arrivando a ribaltare le conclusioni precedenti in “Solange II”, dove il Tribunale federale rinuncia ad esercitare il controllo di costituzionalità sugli atti comunitari in virtù del fatto che, alla luce dei successivi sviluppi intervenuti nel processo di integrazione, il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE assicurano una protezione efficace dei diritti fondamentali[viii]. Similmente, in “Granital” e “Fragd” la Corte costituzionale italiana ha riconosciuto la prevalenza immediata delle norme europee, ma sempre nel rispetto dei supremi principi costituzionali. Tuttavia, il dibattito sul primato del diritto europeo è tutt’altro che chiuso. Recentemente, ha fatto molto discutere una nuova sentenza del Tribunale costituzionale tedesco che ha messo in dubbio la legalità del programma di quantitative easing, minando l’autorità della Corte europea che lo aveva già riconosciuto come conforme ai Trattati[ix]. Rispetto a quest’ultimo episodio, la sentenza polacca differisce in quanto non si limita ad una misura specifica, ma dichiara espressamente la prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario. Inoltre, il caso polacco desta grande preoccupazione perché, diversamente dai precedenti, non siamo di fronte ad un dibattito di natura prettamente giuridica, ma ad uno scontro politico-istituzionale i cui toni si fanno sempre più ostili, lasciando poco margine di compromesso - al punto che la Corte polacca individua come possibili soluzioni al conflitto normativo la modifica della Costituzione, la modifica delle norme europee o l’uscita della Polonia dall’Unione[x]. In realtà, né il governo né il popolo polacco hanno intenzione di uscire dall’UE[xi]. Tuttavia, la vicenda fa presagire una “legal polexit”: nel caso in cui la sentenza venisse implementata, l’applicazione di tutte le norme che derivano dal diritto europeo in Polonia non sarebbe più garantita. I giudici polacchi si troverebbero a dover scegliere tra violare il diritto europeo o quello nazionale, rischiando, nella seconda ipotesi, di essere sanzionati[xii]. A rimetterci sarebbero in primo luogo i cittadini polacchi, che rischierebbero di non vedersi più riconosciuti molti diritti. Ma un simile scenario avrebbe conseguenze gravi per l’integrità dell’ordinamento europeo in tutti i suoi settori: se l’applicazione delle norme europee in un Paese membro non è più assicurata, il libero movimento di beni, servizi, capitali e persone non sarà più garantito[xiii]. Di fatto, questo processo è già iniziato: alcuni Stati membri hanno sospeso le estradizioni verso la Polonia per timore che i sospettati non subiscano un giusto processo[xiv]. Oltre a ciò, a destare timore è anche l’effetto contagio: come la Polonia, altri Paesi potrebbero decidere di non implementare specifiche norme dell’ordinamento giuridico europeo, svuotandolo di ogni legittimità ed efficacia. Per queste ragioni, la sentenza di ottobre non è semplicemente un nuovo episodio della saga riguardante lo stato di diritto in Polonia, ma si inserisce nel più ampio dibattito sulla natura e sul futuro del processo di integrazione europea. Rappresenta infatti una manifestazione dell’opposizione tra l’idea di “un’Europa sempre più unita”, da una parte, e “un’Europa delle nazioni”, dall’altra - una tensione che ha sempre fatto da sfondo al processo di integrazione. La posizione difesa dal governo polacco (e da molte altre forze politiche nel continente) è indubbiamente la seconda, come dimostrano le parole pronunciate dal premier Morawiecki nel suo intervento al Parlamento europeo: “L’UE è una grande conquista dei Paesi europei ed è una forte alleanza economica, politica e sociale ed è l’organizzazione più forte e meglio sviluppata della storia. Però l’UE non è uno Stato, lo sono invece gli Stati membri della UE. Gli Stati sono quelli che rimangono sovrani al di sopra dei Trattati”[xv]. Al contrario, la supremazia del diritto europeo e le modalità con cui tale principio si è affermato sono espressione di un’integrazione sempre più profonda, che oltrepassa i confini fisici e giuridici degli Stati. In tal senso, questa sentenza e ciò che ne conseguirà potrebbero avere un ruolo importante nel tracciare la direzione che il progetto europeo prenderà nel prossimo futuro. [i] La Polonia non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee, Il Post, 8 ottobre 2021, https://www.ilpost.it/2021/10/08/polonia-sentenza-unione-europea/ [ii] S. Fabbrini, La questione polacca e il destino della Ue, Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2021, https://www.ilsole24ore.com/art/la-questione-polacca-e-destino-ue-AEkaXUq [iii] Corte di giustizia dell’Unione Europea, Ordinanza del vicepresidente della Corte, C-204/21 R, 14 luglio 2021, https://bit.ly/30UtwQO [iv] Lo “Stato di diritto” che c’è sempre meno, in Polonia, Il Post, 23 ottobre 2021, https://www.ilpost.it/2021/10/23/stato-di-diritto-unione-europea-giustizia/ [v] Il primato del diritto europeo, Glossario delle sintesi, Eur-Lex, consultato il 26 ottobre 2021, https://bit.ly/3mgWzqb [vi] Corte Costituzionale, Sentenza 183/1973, 18 dicembre 1973, https://bit.ly/31pddMp [vii] BverfGE, Solange I, 37, 291, 29 maggio 1974 [viii] BverfGE, Solange II, 73, 339, 22 ottobre 1986 [ix] S. Auer e N. Scicluna, Poland has a point about the EU’s legal supremacy, Politico, 19 ottobre 2021, https://www.politico.eu/article/poland-court-eu-legal-supremacy/ [x] D. Prestigiacomo, Polexit: hanno ragione i giudici polacchi? Come stanno le cose (e il "precedente" italiano), Europa Today, 26 ottobre 2021, https://europa.today.it/fake-fact/primato-nazionale-leggi-ue-caso-italiano-polexit.html [xi] L. Misculin, No, la Polonia non sta per uscire dall’Unione Europea, Il Post, 11 ottobre 2021, https://www.ilpost.it/2021/10/11/polonia-polexit/ [xii] S. Amiel e C. Pitchers, 'Polexit': Will Poland's 'nuclear strike' on EU's legal order lead to the country quitting the bloc?, Euronews, 8 ottobre 2021, https://www.euronews.com/2021/10/08/polexit-will-poland-s-nuclear-strike-on-eu-s-legal-order-lead-to-the-country-quitting-the- [xiii] Poland is a problem for the EU precisely because it will not leave, The Economist, 14 ottobre 2021, https://www.economist.com/europe/2021/10/14/poland-is-a-problem-for-the-eu-precisely-because-it-will-not-leave [xiv] E. Zalan, Poland questions EU legal primacy in court ruling, Eu Observer, 8 ottobre 2021, https://euobserver.com/democracy/153170 [xv] Polonia, scontro al Parlamento Ue. Von der Leyen: “Recovery bloccato a chi viola lo stato di diritto”. Varsavia: “Stati sovrani sui Trattati”, ma apre alle richieste di Bruxelles sull’indipendenza dei giudici, Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2021, https://bit.ly/3jFNg1g |
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