a cura di Cristiana Oliva Il cinema nelle società gioca un ruolo cruciale; non solo è in grado di rappresentarle agli occhi del mondo, ma soprattutto può influenzarle dal loro interno. Per questo motivo, esso guarda a sé stesso come ad un’arte riassuntiva di tutte le altre perché questa sua globalità gli permette di influenzarle tutte e di esserne a sua volta influenzato. Infatti, a partire dal nuovo millennio i film a tematica omosessuale sono andati sempre più diffondendosi, diventando quasi un genere a sé stante: sono nati festival ad essi dedicati e l’interesse dei media nei loro confronti è cresciuto notevolmente. Anche nel contesto islamico, il cinema è diventato nel corso dei decenni il riflesso del movimento della realtà sociale e artistico-culturale. Nella cultura islamica, come d’altronde nelle altre, l’omosessualità, ponendosi nel complesso rapporto tra la sessualità e l’Islam, appartiene a pieno diritto ai tabù della triade proibita - religione, sesso, denaro - secondo la definizione dello scomparso pensatore siriano Bū ʻAlī Yāsīn. Questi tabù sono stati oggetto di indagine del filone del cinema realistico. Il film tunisino Rīḥ al-sadd (1986) è il primo film in assoluto nel mondo arabofono a rompere il tabù dell’omosessualità. La struttura del film si basa su un doppio asse in cui tutti gli altri personaggi ruotano intorno ai due protagonisti che, violentati entrambi quando erano bambini, affrontano la loro sessualità in due modi opposti. Farfāṭ, apertamente gay, viene rifiutato dalla società e reagisce in modo violento. Già dall’ inizio del film è chiaro il rifiuto della società nei suoi confronti, come attestano le scritte sui muri della città: فرفاط موش راجول - Farfāṭ non è un uomo. Suo padre, vista la profonda umiliazione subita, lo caccia di casa e il ragazzo troverà rifugio per strada e, talvolta, nell’alcool. Hāšmī, invece, prova ad adattarsi, accettando, secondo la volontà del padre, un matrimonio combinato. Il film analizza l’omosessualità da un aspetto sentimentale, mettendo a fuoco l’angoscia, la paura, la rabbia dei protagonisti, ma anche la tenerezza dei loro sguardi, l’unico rifugio in una società che li rigetta. Non sono presenti scene esplicite di rapporti sessuali tra due uomini, a parte la violenza subita. Inoltre, per Būzīd la violenza subita dai protagonisti, dalla loro infanzia fino in età adulta, che, poi, li porterà alla fuga o, nel peggiore dei casi, al suicidio, è una metafora della reazione del popolo dopo violenze subite dalla società tunisina dal regime Bourguiba. La problematica principale evidenziata dal regista in questo film è la questione dell’individualismo nella società tunisina: l’individuo non conta nulla nella società, ma hanno più importanza la famiglia e il patriarcato e, quindi, non rimane spazio per le scelte personali. In questo film l’omosessualità appare come una conseguenza di un trauma subito durante l’infanzia, quale quello dello stupro. Uno dei due ragazzi tenterà di riconciliarsi con la propria cultura e la propria famiglia, rinnegando però la sua natura. Il tentativo sarà vano e l’unica soluzione per i due risulta essere la fuga, l’abbandono della propria terra o il suicidio. Nonostante i temi forti, il regista riesce a ritagliare un piccolo spazio al tenero sentimento tra i due uomini in modo da rappresentare l’omosessualità non solo come atto fisico, ma come amore tra due persone. Ṭūl ʿumrī (2008) è un film che racconta la storia di Rami, un ragazzo cairota di ventisei anni, in continua lotta con la propria identità e che cerca di riconciliarsi con la propria cultura. Il suo compagno Walid lo lascia per sposarsi, la sua migliore amica, Dalia, lascia l'Egitto per terminare il suo dottorato a San Francisco e per fuggire dalla nuova atmosfera conservatrice ed il suo amico Karim, un medico di successo, è quasi arrestato alla famosa retata della polizia sulla discoteca galleggiante chiamata Queen Boat. Rami, di buona famiglia e con un lavoro stabile, non combacia affatto con lo stereotipo del ragazzo gay, solitamente associato ad ambienti degradati. Spesso chi è una figura importante nella società rinuncia ad esprimere a pieno la propria sessualità, perché costretto a scegliere tra questa e la propria vita. Le contraddizioni della società egiziana sono, appunto, un altro aspetto che il regista pone sotto i riflettori, insieme alla discriminazione sociale e alle persecuzioni che molti omosessuali subiscono ogni giorno in Egitto. Il regista, Mahir Sabrī, nato al Cairo l’11 Aprile 1967 è un attivista, membro fondatore dell’Egyptian Underground Film Society (EUFS) che promuove la libertà di espressione, opponendosi alla forte censura egiziana. Sabrī è anche un attivista gay che combatte per i diritti della comunità LGBT in Egitto, che non sono ufficialmente riconosciuti. Quando ‘Asrār ʿā’iliyya (2013) è passato con un tag "Adults Only" è stata una grande sorpresa per tutti. Tuttavia, dopo aver visto il film, diventa comprensibile il motivo per cui le autorità di censura consentirebbero al film di essere proiettato nelle sale cinematografiche di tutto il paese: Family Secrets non infrange il tabù, ma in realtà lo riafferma. Il protagonista è Marwān, un adolescente cresciuto in una famiglia di classe media, con un padre assente per lavoro e una madre distaccata. Il suo aspetto coincide perfettamente con lo stereotipo del ragazzo omosessuale, dalle movenze timide, i capelli lunghi e curati, una voce morbida e sguardi incerti. Un giorno il ragazzo confessa alla sorella maggiore di essere omosessuale e poco dopo anche sua madre viene a sapere la notizia; decide, quindi, di farlo visitare da diversi psichiatri, per curare la sua malattia. Presentato alla Settimana della critica del Festival di Venezia nel 2013, L’armée du Salut (2013), scritto e diretto da ʿAbdallāh al- Ṭāyaʿè un film ambientato a Casablanca e racconta la storia di un adolescente marocchino, alter ego del regista. Il film, nella prima parte, tratta la questione di essere omosessuale in Marocco. Il ragazzo, cresciuto in un mondo maschile dal quale non si sente rappresentato, tenta di restare protetto dal mondo delle donne. L'ultima parte del film, facendo un salto dieci anni, lascia da parte la questione del rapporto con i genitori e la società marocchina, e racconta la fuga all’estero da quel sistema che lo reprimeva. Abdellah si fa sedurre in segreto da uomini più grandi di lui. Durante una vacanza, il fratello maggiore Sulaymān, per il quale il ragazzo nutre una venerazione, lo abbandona. Abdallāh al- Ṭāyaʿ ha detto: "non voglio dissociarmi dall'Islam .... È parte della mia identità. Non è perché sono gay che lo rifiuterò. Dobbiamo recuperare questa libertà che è esistita nell'Islam. Mi considero culturalmente musulmano. Mi sento legato ai grandi scrittori e pensatori della civiltà islamica, ai grandi filosofi, sociologi e poeti. Credo fermamente nel secolarismo e penso che l'Islam non dovrebbe avere alcun ruolo nel governo". Out Loud stabilisce un nuovo standard per il cinema del Medio Oriente nel bel mezzo della primavera araba. Questo film (2011) di Same Daboul è una storia potente di amicizia e amore in Libano, una nazione che è stata afflitta dalla guerra civile per decenni e dove le relazioni e le idee non tradizionali vengono respinte con violenza e odio. Jason, un giovane libanese, fa amicizia con cinque giovani dallo spirito libero che, come lui, sono persi tra la morale tradizionale e lo spirito moderno delle nuove generazioni. Ognuno dei sei giovani, ha una storia difficile alle spalle. Il film è uscito in Libano censurato di alcuni dialoghi ritenuti offensivi per la religione e di due scene importanti: un bacio tra i due giovani gay e il finto matrimonio della ragazza con i tre ragazzi eterosessuali. Nonostante i tagli nessun cinema libanese ha avuto il coraggio di proiettare questo film. Nei lungometraggi raccolti, i protagonisti raffigurano i diversi modi in cui le varie società si rapportano all’omosessualità e sono, inoltre, portavoce di quel dibattito attivo nel mondo islamico inerente al tema in questione. In ogni film il tema dell’omosessualità viene affrontato in modo autonomo a seconda del periodo, del paese e della visione personale che il regista ne ha voluto dare. Si possono, dunque, rilevare delle tematiche comuni, quali il rifiuto da parte della società e della famiglia, la fuga dal proprio paese, il turismo sessuale. Tutti i film presi in analisi sottolineano l’importanza della libertà delle scelte personali di un individuo, a scapito di un sistema patriarcale in cui al primo posto troviamo sempre il bene comune. La produzione cinematografica a tematica omosessuale di ispirazione islamica gioca un doppio ruolo chiave: in primis nel diffondere nel mondo un’immagine chiara di quale sia il contesto sociale dell’omosessualità nel mondo islamico, per poter abbattere ogni forma di stereotipizzazione e visione eurocentrica; inoltre è di fondamentale importanza la presa di coscienza della propria realtà da parte della maggioranza della popolazione dei paesi islamici per poter affrontare la questione.
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