a cura di Gianluca Maglione Schiacciata dalle sanzioni occidentali in risposta all’invasione dell’Ucraina, la Russia volge lo sguardo alla Cina, alla ricerca di mercati sui quali far affluire l’enorme offerta di risorse naturali. Da tempo, la svolta green dell’Unione Europea ha costretto Mosca a rivedere i propri piani energetici e considerare mercati alternativi a quello europeo per garantire uno sbocco sicuro alla produzione di gas naturale. Come è noto, l’esportazione di gas rappresenta una voce essenziale del bilancio della Federazione Russa e, allo stato attuale, quello europeo resta ancora il maggior mercato di riferimento. Attraverso il colosso dell’energia Gazprom, infatti, Mosca indirizza verso l’Europa circa 200 miliardi di metri cubi (bcm) di gas all’anno, pari all’83% della produzione totale. L'accesso drasticamente ridotto al mercato europeo nel lungo periodo, aggravato dalla decisione del Governo tedesco di bloccare definitivamente il gasdotto Nord Stream 2, spinge Mosca a guardare con decisione al mercato cinese, in costante espansione. Negli ultimi anni, la domanda cinese di risorse naturali è cresciuta in modo esponenziale, complice l’intenzione di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. Secondo le stime, nei prossimi anni il consumo cinese di gas passerà dai 331 bcm attuali ai 526 bcm, rendendo il mercato cinese decisamente appetibile alle forniture russe. Il 43% dell’approvvigionamento energetico della Repubblica Popolare Cinese avviene, infatti, sul mercato estero, collocando Pechino al primo posto tra i maggiori importatori al mondo avanti al Giappone. La crescente ostilità nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati condivisa da Mosca e Pechino ha contribuito a determinare l’approfondimento della partnership strategica tra i due Paesi anche attraverso il rafforzamento dell’alleanza energetica. A margine delle celebrazioni delle Olimpiadi invernali, il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno siglato un accordo trentennale per la fornitura di gas naturale e la costruzione di un nuovo gasdotto dal nome Power of Siberia 2, che collegherà la penisola siberiana di Yamal con la Cina nord-orientale, tramite il territorio della Mongolia. Secondo le previsioni, i primi flussi di gas dovrebbero attraversare il nuovo gasdotto entro il 2026. Una volta terminato, Gazprom convoglierà verso il territorio cinese fino a 50 bcm di gas naturale all’anno, garantendo a Mosca introiti per circa 100 miliardi di euro e a Pechino la possibilità di diversificare parte dei suoi approvvigionamenti dall’estero. Le trattative hanno subito un’accelerazione anche in ragione della carenza di carbone che ha interessato lo scorso anno la Repubblica Popolare Cinese, costretta ad assicurarsi l’energia necessaria per sostenere la propria industria. Nel lungo periodo, peraltro, i cinesi intendono smarcarsi dalla dipendenza delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) via mare, proveniente in gran parte da Australia e Stati Uniti. Infatti, affinché questo raggiunga le coste cinesi, è necessario che attraversi uno dei maggiori colli di bottiglia mondiali, lo Stretto di Malacca, con il rischio di tagli ai rifornimenti in caso di gravi tensioni con due dei principali fornitori di GNL al mondo. La nuova infrastruttura andrà ad affiancare il gasdotto Power of Siberia, che dal dicembre 2019 collega gli enormi giacimenti siberiani alla città russa di Blagoveščensk, posta al confine nord-orientale della Cina. A regime entro il 2025, Power of Siberia sarà in grado di fornire circa 38 bcm di gas naturale all’anno, rispetto agli attuali 10 bcm. Anche in questo caso, l’accordo coincise con una fase altrettanto critica delle relazioni tra Russia e Occidente, in seguito all’applicazione delle sanzioni imposte per l’occupazione della Crimea. Nel frattempo, la Russia intende sfruttare le opportunità fornite dall’apertura della rotta artica aumentando la produzione di GNL attraverso l’impianto Yamal LNG, realizzato dalla società russa Novatek con l’aiuto di ingenti finanziamenti cinesi. Sebbene il nuovo accordo rappresenti un’ottima notizia per la politica energetica russa, è verosimile ritenere che quando il Power of Siberia 2 sarà operativo il mercato mondiale del gas presenterà caratteristiche molto diverse rispetto ad oggi. Nel 2025, infatti, è prevista l’entrata in funzione del mega giacimento qatariota North Field. Secondo gli esperti, le enormi quantità di GNL prodotte da Doha andranno ad alterare il mercato, incidendo inevitabilmente sul potere negoziale di Mosca. Nel lungo periodo, poi, i due gasdotti consentiranno di compensare solo parte delle perdite russe in Europa. Basti considerare che, a pieno regime, il Power of Siberia 2 avrà solo un quinto della capacità della controparte europea, il Nord Stream 2. Infine, il rafforzamento della presenza sul mercato cinese richiede tempo e, soprattutto, ingenti investimenti in gasdotti e altre infrastrutture di supporto. L’accordo energetico annunciato da Putin e Xi Jinping rafforza la cooperazione strategica tra i due paesi in un momento estremamente delicato per il presidente russo. Con i rapporti tra Russia e Occidente ai minimi storici, Putin è costretto a guardare ad est per limitare i danni causati dalle sanzioni e diversificare i mercati per l’esportazione di risorse naturali. Dal canto suo, la Cina considera la Russia un partner affidabile per la fornitura di energia essenziale a sostenere il piano di decarbonizzazione e smarcarsi, almeno parzialmente, alle importazioni di GNL. Anche per queste ragioni, Pechino si è astenuta dal condannare apertamente l'invasione russa ribadendo la sua neutralità. Secondo gli osservatori, infatti, l’ulteriore approfondimento dei rapporti tra i due paesi passerà ancora attraverso il rafforzamento della cooperazione in questo settore, al fine di sostenere gli sforzi per salvaguardare la reciproca sicurezza energetica.
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