a cura di Benedetta Lorenzale L’attuale situazione in Etiopia sta lentamente peggiorando nella regione del Tigray, al nord del paese e al confine con l’Eritrea. I rapporti tra lo Stato federale e la regione tigrina sono andati deteriorandosi già da settembre: ad oggi, la situazione di totale allerta rischia di aggravarsi e di portare ad una guerra civile nel paese. L’Etiopia, è definita “un mosaico di etnie”, con circa 100 milioni di abitanti è un paese da sempre caratterizzato dalla convivenza di più di 80 gruppi etnici diversi. I maggiori sono: gli Oromo, gli Amhara, i Somali ed infine i Tigrini. Questi ultimi, pur rappresentando unicamente il 6% della totale popolazione in Etiopia hanno da sempre dominato la scena politica del paese. È infatti a loro e al partito che li guida, il TPLF (Fronte di liberazione popolare del Tigray) che va attribuito l’inizio del processo di transizione federale e democratica che, a partire dal 1991 dopo la sconfitta da parte di questi del regime militare di stampo marxista: DERG, ha caratterizzato la politica del paese fino ad oggi. I rapporti tra il governo federale - con a capo Abiy Amhed Primo Ministro del paese e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2019 - e la regione del Tigray si sono deteriorati da settembre. Il governo federale ha infatti deciso di posticipare le elezioni nazionali che, secondo l’art. 58 della Costituzione Etiope, si sarebbero dovute svolgere entro ottobre 2020. La posticipazione delle elezioni, dovuta alla pandemia da COVID-19, ha portato la regione del Tigray a rifiutare l’estensione del mandato e ad indire le nuove elezioni regionali che si sono tenute il 9 settembre scorso. In merito alla scelta tigrina di procedere autonomamente a livello regionale, si sono pronunciati a livello federale sia la camera alta del Parlamento etiope (House of Federation), dichiarando le elezioni nulle e prive di validità, sia il Primo Ministro, definendo le elezioni “Shanty Elections” (elezioni baracca). In una situazione già in bilico il risultato elettorale, probabilmente scontato, ha portato alla vittoria definitiva del TPLF, il partito di maggioranza e più carismatico all’interno della regione, con un 98% di voti consensuali. Al partito spettano dunque 152 seggi all’interno dell’Assemblea regionale mentre all’opposizione resta unicamente la suddivisione di 38 seggi. Questo segna uno straordinario dominio dei tigrini a livello locale. Il TPLF inoltre, era stato il partito centrale e dominante a livello nazionale all’interno della coalizione Dopo l’esito delle “Shanty Elections” la situazione tra il governo e la regione sono peggiorate. Ad inizio novembre, dopo diversi scontri nella regione Oromia - Welega, il Presiedente della regione Shimelis Abdissa ha accusato il TPLF di aver eseguito una serie di attacchi terroristici contro la popolazione civile e ha invitato il governo a prendere le giuste misure precauzionali. Nella notte tra il 3 ed il 4 novembre sono iniziate le prime operazioni militari nella regione a seguito di un attacco mortale da parte del partito al governo del Tigray verso una caserma militare federale. A seguito di quanto accaduto, il governo centrale ha dunque deciso di dichiarare lo stato di emergenza nella regione per sei mesi. L’escalation di violenza è peggiorata ed i toni usati dal Primo Ministro e dal Presidente della regione del Tigray, Debretsion Gebremichael, sono duri e bellicosi. Quest’ultimo ha infatti affermato che “se la guerra è imminente, siamo pronti non solo a resistere, ma a vincere”. Nella rassegna stampa del 4 novembre scorso, Abiy ha annunciato che “le forze di difesa etiopi, hanno il compito si salvare il paese da un governo regionale accusato di aver oltrepassato una “linea rossa” e quindi di tradimento”. Il Primo Ministro ha annunciato il 6 novembre la fine del “primo round” di operazioni militari nella regione che, nel mentre, sono deteriorate in attacchi aerei contro depositi di armi. Abiy ha anche affermato che l'offensiva in diverse zone della capitale regionale, Mekele, "ha completamente distrutto razzi e altre armi pesanti" al fine di rendere impossibile qualsiasi attacco di rappresaglia. Il 7 novembre inoltre, Abyi ha ottenuto i poteri necessari dal parlamento etiope per poter sostituire i leader all’interno dell’Assemblea Regionale del Tigray, che secondo il governo federale sono attualmente al potere in modo illegale e senza alcuna base costituzionale. Infine, l’8 novembre il Primo Ministro ha parlato della la precaria situazione alla comunità internazionale, annunciando che “per più di due anni, il governo federale ha optato per la massima moderazione, anche se è stato criticato dai cittadini, anche dal parlamento federale, per non prendere più misure per arrestare i fuggitivi dalla legge che erano in generale nella regione del Tigray”. La paura di una guerra civile e di una possibile secessione del Tigray dalla Repubblica Federale Etiope ad oggi è sotto gli occhi di enti internazionali come l’African Union, le Nazioni Unite e dell’intera comunità internazionale. In merito, si è espresso il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, allarmato per la situazione gravosa nella regione e annunciando che “la stabilità dell’Etiopia è importante per tutto il Corno d’Africa”, invitando le parti in conflitto ad una “de – escalation” di violenza in Tigray e ad una risoluzione pacifica del conflitto. La Costituzione Etiope del 1994 sancisce infatti, all’art. 39 il diritto di autodeterminazione della popolazione etiope che comprende il diritto di secessione dalla federazione. La possibile secessione del Tigray porterebbe ad un effetto deteriorante dello stato etiope e ad una reazione a catena da parte di altri stati regionali che non si sentono effettivamente parte integrante della politica del paese. Bibliografia
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