Francesco Rojch, Elections Hub
Il 6 giugno 2021 il Perù ha votato per le elezioni presidenziali, ma il suo Presidente non è ancora salito al potere. Il popolo ha riposto la propria volontà nei confronti di Pedro Castillo, ma l’autorità Jurado Nacional de Elecciones che vigila per il corretto svolgimento della votazione, non ha proclamato la guida del Paese che nel frattempo subisce il morso del Covid. La sfidante di Castillo, Keiko Fujimori, ha sollevato dubbi sulla regolarità del voto. In tutto il Paese sudamericano, ma anche in molte città europee, i cittadini scendono in piazza per chiedere che si rispetti la volontà popolare e venga nominato Presidente della Repubblica il leader di Perù Libre Pedro Castillo. Otto mesi fa, il 9 novembre 2020, il Presidente della Repubblica peruviana Martin Vizcarra è stato rimosso dalla guida del Paese in quanto accusato di “incapacità morale o fisica permanente” per un presunto caso di corruzione riferito a quando era ancora governatore della regione di Moquegua. Il Parlamento peruviano ha votato dunque per il suo impeachment nonostante la sua grande popolarità. La rimozione di Vizcarra, dicono i giornali internazionali, è stata una grossa sorpresa in Perù. Alla fine del mese di settembre una prima procedura di impeachment avviata dalle opposizioni si era conclusa con solo 32 voti a favore della rimozione di Vizcarra, e si pensava che anche quest’ultima votazione sarebbe finita nello stesso modo. In seguito alla rimozione del Presidente, i suoi sostenitori hanno affermato che egli sia stato sollevato per aver tentato di riformare il sistema giudiziario e bloccare la corruzione nel Paese. A tali esternazioni, sono seguiti asprimissimi scontri tra la polizia e i manifestanti che hanno portato due giovani a perdere la vita. Dopo la rinuncia del successore di Vizcarra, Manuel Merino De Lama, si è arrivati ad una situazione di compromesso con Francisco Sagasti Hochhausler, il quale ha traghettato il Paese alle elezioni del 6 giugno 2021. Alle urne si sono sfidati Pedro Castillo, rappresentante della sinistra, e Keiko Fujimori, figlia dell’ex dittatore peruviano Alberto Fujimori dal 1990 al 2000, incarnazione della destra radicale sudamericana. I due candidati provengono da estrazioni politiche e sociali agli antipodi: Castillo è un insegnante di scuola elementare, sindacalista, capo del partito Perù Libre di ispirazione marxista e le sue roccheforti elettorali sono state le zone rurali del Paese, gli altopiani dove vivono i campesinos, meticci e indigeni. Fujimori è la leader di Forza Popolare, la sua base elettorale è quella delle aree urbane, tra cui i quartieri più centrali di Lima dove è stata appoggiata dalle élite. Qualora Fujimori non vincesse le elezioni, cosa che ormai appare abbastanza chiara nonostante il Jne non abbia ancora annunciato il risultato, rischierebbe un processo per corruzione: è accusata di aver preso fondi dalla controversa società di costruzioni brasiliana Odebrecht. Se giudicata colpevole, la leader di destra rischia fino a 30 anni di prigione. Si è andati molto vicini all’incubo del “too close to call” che paralizzò gli Stati Uniti nel duello Bush-Gore del 2000, ma le urne peruviane hanno decretato la vittoria di Pedro Castillo che ha ottenuto il 50,2% delle preferenze contro il 49,87% di Fujimori. La candidata di destra ha contestato il risultato e accusato di brogli elettorali Castillo, fino a chiedere l’annullamento di migliaia di schede elettorali e procedere con nuove elezioni. Il leader di Perù Libre ha annunciato la vittoria su Twitter e avvertito la Fujimori che il suo appello ha esacerbato un clima già infuocato e alimentato l’escalation di violenza. Il Paese appare spaccato e sempre più vessato dal Covid; la pandemia ha flagellato l’economia interna del Perù, uno dei Paesi più colpiti dal virus, e secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale c’è stato un aumento di quasi due milioni di nuovi poveri: oggi un peruviano su tre non riesce ad arrivare a fine mese e il governo di transizione di Sagasti, nonostante il sussidio di €150 distribuito da febbraio dal governo di transizione di Sagasti. Tuttavia diversi osservatori internazionali hanno smentito le presunte irregolarità denunciate da Fujimori, le dispute legali potrebbero andare avanti anche per settimane e ribaltare i risultati delle elezioni, anche se appare uno scenario remoto. A fine giugno il Perù non ha ancora un vincitore della tornata elettorale, la popolazione è scesa nuovamente per le strade del Paese e il rischio che le due fazioni entrino in contatto, creando un mix esplosivo, è concreto. Da una parte i sostenitori di Castillo hanno chiesto al Jne di proclamare la vittoria di Perù Libre uscito vincitore dalle urne, per il bene del Paese e della democrazia, dall’altra gli elettori di Fujimori hanno accusato Perù Libre di contraddire la volontà popolare. Quando e se verrà dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali, il candidato della sinistra dovrà fare i conti con un parlamento diviso, dove nessuno ha i numeri per governare. Ciononostante la sua vittoria ha generato entusiasmo tra le persone in difficoltà economica, percentuale sempre più ampia anche a causa del Covid. Castillo ha i riflettori puntati di tutta l’America Latina. Evo Morales, ex presidente boliviano, si è congratulato sostenendo che questa è una vittoria “del popolo peruviano ma anche del popolo latinoamericano che vuole vivere con la giustizia sociale". La cd. “onda rossa” generata da Castillo potrebbe ripetersi anche in altri Paesi del continente: Brasile, Cile e Colombia sono solo i primi che voteranno a breve. |
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