a cura di Angela D’Ambrosio Dal 1986 l’Uganda ha avuto sempre un unico vincitore alle elezioni presidenziali: Yoweri Museveni, alla guida del paese da 34 anni. Protagonista di elezioni quasi mai trasparenti e fautore di riforme costituzionali (una nel 2005 e l’altra nel 2017) volte a garantirgli il titolo di presidente eliminando il limite d’età o di mandati, l’attuale presidente continua a adoperare oppressione e violenza quali strumenti per fronteggiare i candidati rivali alle prossime elezioni previste per gennaio 2021. Quando, nel 1986, Museveni acquisì il controllo del potere in Uganda, lo fece evidenziando la necessità di interrompere quella che era (ed è evidentemente ancora oggi) una tradizione di forti personalità che detengono il potere in alcuni stati africani senza dare spazio al progresso democratico e alla sua vera attuazione. Di fatti, dopo 34 anni alla guida del paese, Museveni si presenta di nuovo, per la sesta volta, come l’unico candidato alle presidenziali del suo partito, il Movimento di Resistenza Nazionale (NRM). Nel 1986, il paese martoriato dalla precedente guerra civile era pronto a credere al programma di politiche pacifiste e riformiste messe in campo dal nuovo presidente. Tuttavia, dopo 34 anni di presidenza in cui l’Uganda ha assistito costantemente ad elezioni truccate e oppressione dell’opposizione, oggi qualcosa sembra muoversi nel contesto elettorale del Paese. Sin dal principio della campagna elettorale, il presidente Museveni ha dichiarato apertamente di esser pronto a prendere provvedimenti contro chiunque avesse ostacolato un pacifico processo elettorale, accusando paesi terzi di intromettersi nelle elezioni e dimostrando, con azioni chiare ed inequivocabili, quanto egli non sia pronto ad affrontare i candidati rivali senza ricorrere a mezzi di oppressione, talvolta anche violenti. Più di un anno prima delle nuove elezioni, nel mese di novembre 2019, il Presidente ha chiuso ufficialmente il processo di registrazione elettorale dei nuovi cittadini aventi diritto di voto. Così facendo, alcuni membri dell’opposizione hanno stimato che circa un milione di giovani ugandesi non potranno esprimere la propria preferenza alle prossime elezioni presidenziali. Mentre questa scelta è parzialmente giustificata dalla mancanza di tempo e strumenti da parte della Commissione Elettorale Nazionale dell’Uganda, altri provvedimenti adottati da Museveni non lo sono, e sembrano addirittura essere gli unici modi in cui l’attuale Presidente riesca a dare visibilità alla sua campagna elettorale. In questo contesto spicca, tra i candidati avversari a Museveni, Robert Kyagulanyi, aka Bobi Wine, giovane cantante e politico ugandese. Kyagulanyi, arrestato il 3 novembre 2020 subito dopo esser stato nominato candidato alle elezioni presidenziali 2021, ha presto compreso cosa significa essere un candidato presidenziale contro Museveni. L’episodio del 3 novembre, infatti, è solo il primo di una serie in cui la violenza ha fatto da padrone nel contrastare la campagna elettorale di Bobi Wine e i suoi numerosi sostenitori. Il 18 novembre, a seguito di un nuovo arresto ai danni di Kyagulanyi, accusato di non rispettare le norme anti covid-19, gruppi di suoi sostenitori si sono riversati nelle strade di Kampala per protestare e richiedere la scarcerazione del giovane candidato. La risposta è arrivata brutale e violenta da parte delle autorità locali, con numerosi arresti e più di 45 morti, segnando uno dei giorni più tristi dall’inizio delle campagne elettorali. Il 2 dicembre, Bobi Wine si è visto costretto a dover sospendere per un breve periodo la sua campagna elettorale data l’enorme violenza adottata dalle forze dell’ordine contro il suo staff ed i suoi sostenitori. Con il pieno controllo di forze di polizia, esercito e Commissione Elettorale, l’attuale Presidente costituisce l’ostacolo principale al tanto acclamato pacifico processo elettorale. I candidati ed i partiti all’opposizione si trovano spesso in situazioni nelle quali gli viene negato l’accesso ai media nazionali durante la campagna elettorale, e pur non essendo questo uno strumento violento di repressione, rappresenta pur sempre un ostacolo a quello che dovrebbe essere uno dei più importanti momenti in quella che si ritiene una democrazia. Non sorprende sapere che non ci saranno osservatori internazionali alle prossime elezioni nel Paese, e che gli osservatori locali stanno agendo con grande prudenza, viste le condizioni di violenza in cui le elezioni si svolgeranno. L’Unione Europea ha infatti dichiarato che nessun risultato è stato ottenuto a seguito delle raccomandazioni fatte per le tornate elettorali degli anni precedenti in Uganda, e non ce ne saranno di nuove per queste prossime elezioni. A conti fatti, Museveni sembra essere il vincitore annunciato delle prossime elezioni e le speranze in un cambiamento del processo elettorale sono pressoché vane. Tuttavia, diversi fattori vanno analizzati per capire cos’è che si sta muovendo, come detto precedentemente nell’articolo, nel contesto politico ugandese. Se è vero, infatti, che sarà difficile per uno tra i dieci candidati all’opposizione vincere contro Museveni, è anche vero che la campagna elettorale di Bobi Wine e l’enorme supporto che quest’ultimo sta ricevendo dalla popolazione ugandese sta mettendo in luce le debolezze del partito guidato dall’attuale Presidente e le nuove esigenze della popolazione. A dispetto di ciò che Museveni aveva previsto, la popolazione ugandese ha dato vita ad un movimento che chiede a gran voce di essere coinvolto maggiormente nella vita politica del paese e, soprattutto, esige una transizione democratica che sia trasparente e genuina. In questo contesto, Bobi Wine si pone alla guida di tale movimento, introducendo una campagna che sfida apertamente le vecchie politiche conservatorie del National Resistance Movement e prefissa l’ottenimento delle piene libertà come obiettivo ultimo del cambiamento politico. Pubblicizzata fortemente tramite l’utilizzo dei social media, la campagna di Bobi Wine lascia indietro quella di Museveni, che fatica a adattarsi alle nuove strategie tecnologiche di comunicazione, ma soprattutto a comprendere che gli ideali dell’NRM sono ormai obsoleti e mancano di nuove spinte ispiratrici, capaci di attirare la giovane popolazione ugandese. Per quanto lontana sembri essere la vittoria di Bobi Wine, o di un altro candidato, alle prossime elezioni ugandesi, è invece straordinariamente vicina la voglia di un cambiamento politico all’interno del paese: la popolazione ugandese è pronta a voltare pagina.
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