a cura di Elisa Desiglioli Secondo alcuni recenti studi macroeconomici, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) è sempre più vicina ai successi produttivi degli Stati Uniti. La “fabbrica del mondo” però, secondo i dati pubblicati da istituzioni internazionali come Wolrd Bank e International Monetary Fund, è ancora lontana dal divenire la nuova potenza egemone, in quanto alcuni indicatori sono più vicini a quelli dei paesi in via di sviluppo. Ad esempio, nel 2020 il PIL pro capite nominale cinese ($10,500) è decisamente inferiore ai valori prodotti dagli Stati Uniti ($63,543) e alla media dell’Unione Europea ($33,927). Parte integrante e modello per alcuni Paesi del Sud del Mondo, la Cina si è fatta promotrice della cooperazione sud-sud, diffusa in America Latina, Sud-Est Asiatico, Africa e Oceania, con l’obbiettivo di raggiungere livelli di sviluppo più elevati evitando il “Washington Consensus”, in favore del nuovo e meno esigente “Beijing Consensus”. La strategia cinese prevede il finanziamento di infrastrutture e edifici nonché il supporto economico e politico per quei paesi che tradizionalmente hanno fatto affidamento al sostegno delle organizzazioni internazionali o degli Stati Uniti, come nel caso dei paesi dell’America centro-meridionale. Storicamente quest’area è riconosciuta nella sfera di influenza statunitense, come esposto dalla Dottrina Monroe del 1823, caposaldo della politica estera di Washington. La Repubblica Popolare Cinese presta supporto a questi paesi attraverso partnership e accordi bilaterali in progetti dai quali Pechino può ricavare benefici economici futuri e soddisfare la necessità di materie prime e risorse richieste dalla crescita smisurata del Paese. Un’ulteriore prerogativa da Pechino, in cambio del supporto prestato, è la rottura di ogni tipo di relazione intrattenuta con Taiwan: l’obbiettivo è riconoscere l’Isola di Formosa, al largo della regione del Fujan, come territorio cinese e non come stato sovrano. Gli Stati che si oppongono alla condizionalità posta da Pechino, non sono titolari dei benefici della cooperazione sud-sud promossa negli ultimi anni dalla Cina. La politica adottata dalla RPC nei confronti di Taiwan è quella nota come “Un paese, due sistemi”, per la quale la Cina risulta l’unico soggetto politico sovrano che concede un certo grado di autonomia amministrativa ai territori dell’Isola di Formosa sottoposti all’autorità unica della Repubblica Popolare Cinese: la principale differenza è il sistema economico che contraddistingue Taipei dalla Cina continentale. Dall’altro lato del Pacifico, durante l’epoca maoista, la Repubblica Popolare Cinese vedeva il suo unico alleato in Cuba, principalmente per una vicinanza ideologica, quando nel resto del continente si cercava di contenere il comunismo sotto la guida egemone degli Stati Uniti. La possibilità di una cooperazione economica inizia a svilupparsi nella regione con Deng Xiaoping e Jiang Zemin, ma soltanto sotto la guida di Hu Jintao inizia una vera e propria campagna in America Latina. Dal 2004 la Cina diventa una presenza imprescindibile nel continente, caratterizzata dalla promozione della cooperazione tra Paesi del Sud del mondo, al fine di raggiungere obbiettivi comuni ai developing countries. Attualmente sono 15 gli Stati che intrattengono relazioni diplomatiche con Taiwan, e 9 di questi si trovano in America Latina e nel Caribe: il Costa Rica ha interrotto i rapporti economici con Taipei per istituire un free trade agreement (FTA) con Pechino nel 2011. In seguito all’ingresso della RPC alle Nazioni Unite nel 1971 (precedentemente la Cina era rappresentata dalla Repubblica di Cina), la RPC si è impegnata ad isolare Taipei, specialmente sotto le pressioni di Xi Jinping a seguito delle elezioni sull’isola del 2016. Durante l’ultimo decennio, Taiwan ha negoziato alcuni FTAs con Panama, Guatemala e Nicaragua, i quali hanno innescato risposte diplomatiche da parte di Pechino, che a sua volta è riuscita ad ottenere l’interruzione dei rapporti tra Panama e Taipei, ampliando il progetto della Via della Seta marittima. La principale minaccia secondo gli USA è di natura tecnologica, in quanto un progetto finanziato e costruito da Huawei prevede la creazione della prima «free zone digitale» del paese. Anche la Costa Rica ha firmato un FTA con la Cina nel 2011 a seguito del disconoscimento di Taipei nel 2007: Pechino ha acquistato bond costaricani per 300 milioni di dollari nel 2008, investito 1,5 miliardi di dollari per la costruzione di una nuova raffineria e donato 83 milioni di dollari per la costruzione di un nuovo stadio. La strategia cinese può essere compresa analizzando i paesi sostenitori della sovranità taiwanese: questi risultano essere di scarso interesse per Pechino sotto diversi aspetti. Le loro dimensioni, risorse naturali e ruoli geopolitici sono ridotti rispetto ai principali partner cinesi nella regione come Cile, Perù o Brasile, con i quali la RPC intrattiene forti legami politico-economici al punto di divenire la prima partner commerciale per diversi paesi in America Latina. La competizione tra Taiwan e Pechino nel mondo, nata dall’opposizione ideologica, si è spostata sul campo della checkbook diplomacy. Ci si interroga sui prossimi stadi della sfida tra le due: il comportamento degli attori internazionali nei confronti di Taipei risulta sempre più vicino al principio cinese di non-interferenza, mentre Taiwan vuole essere, sulla base dei Tre Principi del Popolo taiwanese, “una repubblica democratica del popolo, governata dal popolo e per il popolo”.
|
|