a cura di Giuseppe Marcone La tragica notizia dell’assassinio del professor Samuel Paty lo scorso ottobre ha suscitato sconcerto internazionale. L’episodio ha scatenato diverse reazioni, ma in gran parte sentimenti di ingiustizia e rabbia verso la matrice religiosa all’origine del crimine. Il procuratore antiterrorismo Ricard ha annoverato l’accaduto nel contesto di omicidi invocati da Al-Qaeda a settembre 2020, provocati dalla ripubblicazione di caricature di Maometto su Charlie Hebdo. L’animosità e indignazione verso i recenti attacchi di natura estremista hanno contribuito al rapido sviluppo del Progetto di legge sul rafforzamento della difesa dei principi della Repubblica, noto anche più brevemente come legge contro il separatismo, depositato in parlamento il 9 dicembre 2020. Il disegno di legge, tra le manovre più ambiziose della presidenza Macron, pone come obiettivo principale la lotta all’islamismo radicale e la salvaguardia della laicità francese. Tra gli argomenti più dibattuti vi sono senz’altro il nuovo reato sancito dall’Articolo “Samuel Paty” (art.18), che punisce chi mette in pericolo uno o più individui tramite la diffusione malevola di informazioni private; le maggiori restrizioni all’istruzione in famiglia (IEF); e l’imposizione di un formale e più severo impegno di rispettare i principi della Repubblica da parte delle associazioni, pena la perdita delle sovvenzioni statali. Nel complesso, questa legge aspira dunque a garantire la neutralità e il rispetto dei principi della Repubblica attraverso una maggiore trasparenza di culto religioso nel settore pubblico. Una tematica che, tuttavia, presenta non poche difficoltà. Se, infatti, la lotta al radicalismo spinge all’invocazione di una politica di maggiore controllo ed efficienza nel combattere la criminalità, l’idea di potenziare le formedi controllo va incontro a inevitabili ostilità. In un periodo in cui gli episodi di violenza delle forze dell’ordine hanno ampia risonanza, non stupiscono le proteste che hanno fatto seguito alla legge sulla sicurezza globale, approvata in parlamento il 15 aprile. A pochi mesi di distanza dal brutale attacco a Michel Zecler, il testo originale avrebbe garantito un ampliamento di poteri della polizia municipale francese, una nuova regolamentazione per il porto d’armi fuori servizio e rinforzato la tutela degli agenti. Quest’ultima in particolare avrebbe dovuto essere sancita dalla creazione di un reato di provocazione all’identificazione, stabilito dall’art. 24 (in seguito art. 52), volto a punire la diffusione di materiale multimediale ritraente forze dell’ordine in azione e dunque affine al sopracitato Articolo 18 della legge contro il separatismo. La legge è tuttavia incorsa in una revisione da parte del Consiglio costituzionale che, in seguito a numerose proteste, ha cancellato (tra gli altri) l’art. 52, oltre ad aver apportato modifiche ad un progetto di legge proposto dal ministro Dupond-Moretti. Al di là delle controversie, queste leggi costituiscono elementi fondamentali del Beauvau de la Sécurité, gli stati generali sulla sicurezza indetti da Macron con la volontà di riconciliare la sfera civile con una polizia che, troppo spesso, ha dovuto rispondere di accuse di ingiustificata violenza. I sonori risentimenti per la legge sulla sicurezza ben evidenziano l’intransigenza cittadina verso questa pericolosa deriva, ma rischiano anche di ingannare: l’opinione pubblica francese, seppur condannando i singoli atti, appare infatti più incline a manifestare sostegno per la polizia. Un sostegno indubbiamente rinvigorito dai più recenti attacchi alle forze dell’ordine, su tutti l’assassinio della funzionaria di polizia Stéphanie Monfermé e di Eric Masson, poliziotto ucciso da uno spacciatore il 5 maggio. In quest’ottica di crescente solidarietà vanno considerate anche le reazioni alle due lettere aperte di militari francesi alla nazione. La prima lettera, pubblicata sul portale conservatore Valeurs Actuelles e firmata principalmente da generali in pensione, preconizza la “disintegrazione” della patria per mezzo di “un certo antirazzismo”, che permetterebbe agli islamisti e le “orde delle banlieu” di minare i principi della Repubblica, dando vita ad una guerra civile. Sostenendo le dichiarazioni dei generali, e aggiungendo come si possa osservare “l’odio verso la Francia e la sua storia diventare la norma”, la seconda lettera porta la firma di un numero indefinito di militari anonimi e dichiaratisi ancora in attività. Valeurs Actuelles ha poi invitato all’adesione ai principi della lettera tramutandola in una petizione indirizzata al governo, generando ulteriore interesse, ma è il supporto di Marine Le Pen e in generale del suo partito RN (Rassemblement National) ad aver suscitato clamore nella scena politica francese. Varie le reazioni avverse, dalle critiche del Ministro della Difesa Florence Parly fino all’attacco del Ministro dell’Interno Darmanin, che concentra le accuse sulla codardia dei firmatari nel mantenere l’anonimato, anziché sul contenuto della lettera, evitando forse di esporsi su un argomento altamente delicato. La petizione di Valeurs Actuelles rispecchia un desiderio di autorità che sembra aumentare nella popolazione: in un intervento a BFMTV, il Presidente dell’Istituto Sondaggi ELABE Bernard Sananès ha evidenziato come la perdita di autorità rappresenti un problema cardine della società per i cittadini francesi intervistati (85%), i quali sembrano inoltre considerare la giustizia statale eccessivamente lassista (80%). Inoltre, è interessante l’aumento di fiducia mostrato dai rispondenti nei confronti dell’esercito, della gendarmeria, e in particolar modo della polizia. Nonostante le proteste per la legge sulla sicurezza, i francesi sembrano propensi a tendere la mano a quest’ultima, anziché distanziarsi, come anche dimostrato nella marcia cittadina del 19 maggio in ricordo di Monfermé e Masson, indetta da sindacati di polizia e sostenuta da organizzazioni civili e figure politiche eterogenee. In questo scenario, l’appoggio di Le Pen allo sfogo militare ha contribuito all’incremento di consensi per il suo RN, ancora più rilevante se considerato contestualmente al declino di gradimento dell’attuale governo. Secondo le stime del Cevipof, nei ranghi della polizia vi è infatti una diffusa adesione alle idee di Marine Le Pen, la quale non perde occasione di mostrarsi solidale verso l’intera categoria. Proiettandosi verso le presidenziali del 2022, Macron può difficilmente dirsi sereno: nonostante l’impegno profuso nel conferire centralità al tema della sicurezza con la proclamazione degli stati generali, il presidente dovrà fronteggiare un’avversaria che mai come ora sembra poterlo mettere in difficoltà. Ad ogni modo, se le previsioni elettorali possono risultare premature, è lecito ipotizzare che vasti consensi verranno catalizzati da chi riuscirà a fornire le migliori garanzie nell’ambito della sicurezza collettiva.
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