A cura di Matteo Buccheri, Elections Hub
La Scozia si avvicina alle elezioni del 6 maggio che decreteranno la nuova spartizione dei 129 seggi del Parlamento di Holyrood per la prossima legislatura quinquennale. Il precedente voto del 2016 aveva portato alla vittoria dello Scottish National Party (SNP) con una maggioranza semplice di 63 seggi. Questa tornata elettorale, la sesta nella storia dell’assemblea legislativa di Edimburgo, potrebbe segnare in maniera indelebile il futuro della Scozia nel Regno Unito e, in seconda battuta, dell’Unione Europea (UE). È concreta infatti l’ipotesi che si possa ripetere il risultato delle elezioni del 2011, con la vittoria dello Scottish National Party di Salmond (ora leader di Alba Party) che, forte della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, ha ottenuto da Londra la possibilità di indire il referendum per l’indipendenza. Oltre alla straordinaria rilevanza politica, queste elezioni si contraddistinguono anche per una certa singolarità. In primis, la delicata situazione pandemica ha costretto le autorità scozzesi a sostituire il tradizionale dissolution del Parlamento nelle settimane pre-elezioni con un più flessibile recess a partire dal 25 marzo, che consente ai membri di continuare a svolgere il proprio ruolo e di essere convocati in assemblea per questioni rilevanti. In secondo luogo, la recente dipartita del Principe Filippo ha messo in stand by la campagna elettorale dei partiti per alcuni giorni. Inoltre, il Parlamento è stato richiamato per rendere omaggio al Principe ed esprimere il proprio cordoglio alla Regina e alla Famiglia Reale. I recenti sviluppi non dovrebbero aver condizionato la corsa, dal momento che i cinque maggiori partiti hanno lanciato il proprio manifesto dopo la sospensione della campagna elettorale. I programmi dei partiti in corsa riflettono la polarizzazione politica della Scozia sul tema dell’indipendenza dal Regno Unito. Lo Scottish National Party (SNP), al governo dal 2007, domina il fronte indipendentista. Il partito con a capo la Prima Ministra uscente, Nicola Sturgeon, sottolinea nel proprio manifesto l’importanza storica di queste elezioni proiettando il futuro della Scozia al di fuori del Regno Unito con un referendum entro il 2023 (ritardi causa Covid-19 non sono da escludere). Tuttavia, l’SNP antepone all’indipendenza la priorità di risolvere la crisi pandemica ancora in corso per la ricostruzione del Paese, che dovrà essere una prerogativa di Edimburgo e non del Governo inglese. L’SNP intende anche intervenire per una maggiore qualità dei servizi scolastici e nel settore sanitario con la creazione di un National Care Service supportato da un aumento degli investimenti nell’assistenza sociale. Le tempistiche del referendum rappresentano il pomo della discordia tra i due partiti più indipendentisti, al netto delle recenti vicende personali (e politiche) tra i rispettivi leader. Per Alba Party di Alex Salmond, il referendum per l’indipendenza è una priorità assoluta per il Paese da non posticipare. L’ex leader dell’SNP ha avanzato anche l’ipotesi di una supermajority, invitando gli elettori a votare per Alba Party nelle liste regionali e per il candidato locale dell’SNP nei collegi uninominali (dove il partito di Salmond non è listato) per evitare che vadano persi dei seggi pro-indipendenza nelle liste regionali a causa del sistema elettorale misto scozzese. Tuttavia, Sturgeon ha già dichiarato che non ha intenzione di collaborare col suo ex mentore e che è necessaria solo una maggioranza semplice dei membri di Holyrood per pretendere il referendum. Leggermente più defilato tra i partiti pro-indipendenza, lo Scottish Green Party di Lorna Slater e Patrick Harvie incentra il proprio progetto politico su una Scozia indipendente più verde spingendo sulla transizione ecologica, attraverso energie rinnovabili e politiche ambientali concrete, verso una green economy con la creazione di nuovi posti di lavoro. I Greens, che danno la precedenza alla gestione della crisi pandemica, intendono poi riportare la Scozia indipendente all’interno dell’Unione Europea; questa inclinazione europeista è condivisa anche dall’SNP e da Alba Party, seppur con modalità diverse. Il fronte unionista dei Conservatori e dei Laburisti punta verso la direzione opposta. Lo Scottish Conservative and Unionist Party di Douglas Ross propone un programma per la ricostruzione del Paese post-pandemia inderogabilmente all’interno del Regno Unito, con investimenti nel National Health Service (NHS), interventi nell’istruzione e con un programma per la ripresa economica. Invece, a fine febbraio, lo Scottish Labour Party ha nominato come nuovo leader Anas Sarwar che avrà il compito d'invertire la rotta del partito, in costante declino dopo la vittoria alle prime elezioni del Parlamento di Holyrood nel 1999. Primo leader di uno dei maggiori partiti politici del Regno Unito ad appartenere a una minoranza etnica, Sarwar intende ricostruire il Paese e cercare di riguadagnare la fiducia degli elettori proponendo un partito più vicino alle loro esigenze. In cima alla lista delle priorità dello Scottish Labour Party c’è un National Recovery Plan per l’NHS e la volontà di combattere la disoccupazione garantendo ai giovani un lavoro più equo, meglio retribuito e in linea con un’economia più verde. Tra i partiti fedeli a Downing Street compaiono anche gli Scottish Liberal Democrats di Willie Rennie. Lo slogan, “put recovery first”, pone il loro programma in linea con quello degli altri partiti unionisti, i quali si oppongono al referendum per l’indipendenza cercando di catalizzare l’attenzione sulla ripresa del Paese. Nel loro manifesto i Liberal-Democratici insistono sul tema dell’occupazione giovanile e sul potenziamento del NHS e del sistema scolastico. Non rientra nei piani attuali del partito un eventuale ritorno tra i membri dell’UE, nonostante le posizioni favorevoli degli ultimi anni. Per ultimo il partito unionista, euroscettico e sovranista Reform Scotland Party (il ramo scozzese del Reform UK fondato da Nigel Farage) di Michelle Ballantyne propone una serie di riforme ritenute necessarie per il Paese, tra le quali una riforma del sistema fiscale e del sistema scolastico, una revisione della spesa pubblica e un rafforzamento dell’NHS. Nonostante una vittoria annunciata dell’SNP sugli altri partiti, la prospettiva di un secondo referendum per l’indipendenza non può considerarsi scontata. Il voto del 6 maggio fornirà una panoramica più concreta sulla posizione del fronte indipendentista al tavolo negoziale con Londra. |
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