a cura di Francesca Lenzi Al termine della Guerra fredda, la comunità internazionale fu investita da un nuovo problema connesso alla sicurezza umana: il cambiamento climatico. Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1988, il Presidente dell’Urss Gorbaciov fece un intervento per sottolineare la condizione di criticità che l’essere umano era chiamato ad affrontare: “Il rapporto tra l’uomo e l’ambiente è diventato minaccioso… La minaccia dal cielo non è più un missile, ma il riscaldamento globale”. A distanza di 33 anni e in concomitanza con la celebrazione dei primi cinque anni di vita degli Accordi di Parigi sul clima, la condizione del nostro pianeta non solo è peggiorata, ma si sta rivelando un vero motivo di conflitti armati tra stati per aggiudicarsi le poche risorse naturali essenziali che stanno scomparendo nelle aree più vulnerabili del globo. Uno studio pubblicato su Nature ha riportato come nei prossimi decenni, a causa di un aumento del riscaldamento globale, osserveremo un incremento di circa il 26% dei conflitti armati. Il lago Ciad, risorsa di acqua dolce situato nel mezzo del Sahara, al confine tra Nigeria, Camerun, Niger e Ciad, testimonia chiaramente gli impatti del fenomeno del cambiamento climatico globale e le dirette conseguenze conflittuali, sociali, politiche ed economiche che ha sulla regione. Negli anni '60, esso è stato classificato come il sesto corpo idrico interno più grande del mondo, ma a causa dei lunghi periodi di siccità e dell’innalzamento delle temperature che nella regione aumentano di 1,5 °C rispetto alla media globale, il lago ha visto ridursi drasticamente le sue risorse idriche fino a un restringimento complessivo della sua superficie del 90%. È stato constatato come il degrado ambientale della regione e le forti pressioni climatiche abbiano ridotto la produzione ittica del 60% a causa anche di una biodiversità minacciata dalla desertificazione e dalla deforestazione per poter sfruttare al massimo la terra fertile che delimita il lago. In un panorama caratterizzato da malessere e cattiva gestione delle risorse da parte dei governi in carica, è facile trovare episodi di radicalizzazione favoriti da gruppi come Boko Haram, che alimentano i disordini sociali. Soprattutto dal 2009, si è assistito a un peggioramento della sicurezza causato dalla nascita di diversi violenti conflitti armati tra il gruppo terroristico e le forze armate intergovernative che stanno recando terribili sofferenze alla popolazione civile. Boko Haram ha dichiarato chiaramente gli obiettivi che vuole perseguire nella regione: sovvertire le istituzioni governative per assumere il controllo politico e armato affinché possa gestire in modo illecito le scarse risorse della zona e controllare le zone di commercio con alti profitti. Tuttavia, questa organizzazione terroristica jihadista non svolge solo un ruolo di privazione nei confronti dei locali, al contrario, è stata in grado di sfruttare il divario sociale fornendo risorse che i governi non erogano. Le popolazioni locali, che si vedono rifiutare il permesso dell’uso dell’acqua o delle terre fertili del lago Ciad da parte dei governi, si rivolgono ai gruppi di opposizione anche per ottenere mezzi di sussistenza affinché possano condurre una vita più dignitosa per non dipendere più dagli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali. Questa situazione è solo la conferma di una condizione in cui per decenni, il bacino del lago Ciad è stata una delle regioni più trascurate al mondo a livello ambientale, economico e umanitario. La regione viene controllata da attori non statali perché spesso la popolazione preferisce aderire al reclutamento di questi ultimi per beneficiare di servizi che gli stati sovrani non sono in grado di offrire adeguatamente. Dove manca la fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni, si innescano logiche di conflitti per aggiudicarsi risorse limitate. Ma i conflitti non riguardano solo questi attori. È stato infatti osservato che, negli ultimi decenni, gli episodi di violenza tra persone che utilizzano gli stessi mezzi di sussistenza sono aumentati. Per esempio, le isole del lago Ciad (dove spesso la popolazione non sa a quale giurisdizione statale appartengano) sono al centro delle dispute tra pescatori e pastori per l’utilizzo delle scarse risorse. Come si è constatato, l’acqua e la terra circostante al lago Ciad sono di importanza fondamentali per i locali affinché abbiano la possibilità di svolgere diverse attività di sussistenza e, allo stesso modo, sono considerati il motivo principale di conflitto. Il rapporto ambiente-conflitto indica chiaramente la presenza di un problema di sicurezza legato alla condizione ambientale del lago. Oltre a una riduzione della disponibilità delle risorse naturali che hanno influenzato in modo negativo le attività di agricoltura, pesca e allevamento, bisogna citare anche le ondate migratorie e gli spostamenti interni alla regione causati da una popolazione in continua crescita che non riesce a soddisfare i propri bisogni primari di sostentamento. E’ stato accertato che il cambiamento climatico e le vicende conflittuali interagiscono in un “circolo vizioso” in cui l’impatto del cambiamento climatico alimenta notevolmente successivi rischi e tensioni, mentre i conflitti armati che si generano non danno la possibilità alla comunità locale e internazionale di affrontare in modo esaustivo i pericoli presenti. Questa analisi termina ricordando che la storia non inizia e finisce con il lago Ciad. In tutto il mondo, i conflitti stanno diventando sempre più complessi e protratti, verificandosi in luoghi sempre più colpiti dal cambiamento climatico. Per questo motivo, la comunità internazionale ha la responsabilità di decidere se adottare una politica di prevenzione del rischio per la sicurezza umana e ambientale oppure continuare a condurre lo stesso stile di vita fino a quando sarà la crisi ambientale ad attuare un cambiamento strutturale in modo violento e senza ritorno.
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