a cura di Youssef Siher Il 5 settembre scorso l'Africa occidentale è stata di nuovo scossa da un colpo di stato in Guinea ad opera dell'esercito del paese, capeggiato dal colonnello Mamady Doumbouya. Il golpe portò alla deposizione del presidente in carica Alpha Condé (rieletto per il suo terzo mandato nell’ottobre 2020, dopo che aveva modificato la Costituzione, la quale negava la rielezione dopo due mandati), allo scioglimento del governo, alla cancellazione della Costituzione e alla sostituzione dei governatori regionali con militari. Doumbouya ha poi spiegato in un comunicato nella tv nazionale guineana che l'azione violenta intrapresa dall'esercito incarni la volontà del popolo. Popolo che egli descrive come martoriato da povertà estrema e oppresso da una classe dirigente politica corrotta. Infatti la Guinea si trova al 178esimo posto per l'Indice di Sviluppo Umano, circa metà della sua popolazione vive sotto la soglia di povertà e il suo sistema sanitario non è riuscito a reggere il duro colpo della pandemia da Covid-19 oltre alla già devastante epidemia di Ebola che aveva provocato migliaia di decessi nel paese negli ultimi anni. La speranza di vita alla nascita è di 58 anni per gli uomini e 60 per le donne. Il tasso di alfabetizzazione si aggira intorno al 30%, mentre la spesa del governo per l'istruzione non supera il 2,6% del PIL nazionale. Dati tragicamente sorprendenti se si tiene in considerazione che il sottosuolo della Guinea è uno dei più ricchi di tutta l'Africa. Oltre a importanti giacimenti di petrolio e miniere di oro, le riserve di bauxite (materiale utilizzato per la produzione di alluminio) presenti nel paese subsahariano rappresentano, secondo le stime, la metà della riserva mondiale. Inoltre, in termini di diritti umani e civili, la Guinea si trova in una posizione veramente drammatica. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le manifestazioni e le proteste contro un sistema politico corrotto e contro il presidente Condé, stimato e legittimato un decennio fa ma poi criticato e condannato per la sua spietatezza e la sua forte repressione del dissenso e delle libertà. Dalla fine del 2019 la situazione nel paese era peggiorata dopo la decisione del presidente Condé di modificare la Costituzione per potersi ricandidare ad un terzo mandato. Le manifestazioni contro la sua candidatura e la successiva vittoria alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2020 hanno provocato più di 60 morti, centinaia di feriti e arresti. Il colpo di stato militare è stato quindi visto da una buona parte della popolazione come una liberazione da una dittatura violenta e reprimente. Doumbouya è stato elevato a eroe e figura importante per la transizione del paese verso elezioni democratiche. Il colonnello Doumbouya, capo delle forze speciali dell'esercito ed ex legionario francese, ha preso poi potere quale nuovo capo dello stato guineano in quanto presidente del Comitato nazionale per la Riconciliazione e lo Sviluppo (CNRD), giunta dell'esercito che si è prefissata l’obiettivo di guidare il paese, per un periodo di transizione di 18 mesi, verso la democrazia. In data 6 settembre Doumbouya ha infatti convocato il presidente del consiglio uscente Ibrahima Kassory Fofana e i membri del suo esecutivo come simbolo di conciliazione. Doumbouya promette infatti che l'intento della giunta militare è quello di «creare le condizioni per un nuovo inizio politico e sociale» e non adottare misure di repressione della classe politica uscente. Parole di conforto anche verso la comunità internazionale da parte del neo presidente Doumbouya, che ha rassicurato i grandi clienti del paese (la Cina compra circa metà della bauxite estratta) che la produzione e l'estrazione non sarebbero state interrotte. Il business con la Cina è stimato infatti a 3 miliardi di dollari, un introito non indifferente per le casse dello stato. Nonostante ciò, il Segretario Generale dell'ONU ha condannato fermamente il colpo di stato e ha chiesto l'immediato rilascio del presidente Alpha Condé. La Cina e gli Stati Uniti si sono anch'essi immediatamente espressi contro il colpo di stato e si sono dimostrati ostili al governo militare. Reazione seguita poi dalla maggior parte della comunità internazionale. Il 28 settembre il CNRD ha poi presentato uno “Statuto della transizione” che delinea i doveri del governo di transizione. Lo statuto istituisce un governo guidato da un primo ministro civile e un Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) che fungerà da assemblea costituente. Il consiglio sarà composto da 81 membri tra esponenti di partiti politici, forze di sicurezza, sindacati, imprenditori e cittadini indipendenti. L’organismo dovrà inoltre avere tra i suoi membri almeno il 30% di donne. La particolarità di questa carta è che vieta a tutti coloro che prenderanno parte alla transizione di candidarsi alle prossime elezioni nazionali e locali. La carta vieta poi a tutti i membri del governo Condé di poter partecipare alla stesura della nuova Costituzione. Sembra che la comunità internazionale stia guardando con attenzione, e non più solo con avversione, alla transizione democratica della Guinea. L'ambasciatore della Guinea all'ONU ha spiegato all’Assemblea Generale che la nuova Costituzione sarebbe stata redatta prima delle nuove elezioni. Il FNDC (Front National Por La Défense De La Constitution), cioè il movimento politico civile che lottava contro il vecchio sistema politico, ha espresso parere favorevole all'apertura e all'impegno della giunta militare verso la democrazia partecipata e ha accolto con favore la visita di Doumbouya al cimitero di Bambeto, nella periferia della capitale, Conakry, per rendere omaggio alle persone uccise durante la repressione delle proteste contro il terzo mandato di Condé, definendolo come un «atto altamente simbolico». Ora non ci resta che aspettare e osservare l’evoluzione di questa transizione democratica, sperando che non faccia la fine di quella che era stata portata avanti un decennio fa dall'allora eletto democraticamente (prima volta nella storia della Guinea) e oggi deposto militarmente, Alpha Condé.
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