a cura di Riccardo Allegri Il 25 di novembre del 2020 il Senato della Repubblica Francese ha approvato a larghissima maggioranza (305 voti favorevoli ed uno solo contrario) una risoluzione che ha lo scopo di sollecitare il governo in merito al riconoscimento del Nagorno-Karabakh. Tale risoluzione non è vincolante e difficilmente l’esecutivo francese darà seguito alle richieste del Senato. Del resto, nessun paese NATO riconosce l’indipendenza della regione separatista e la risoluzione viene vista, sia in Francia che all’estero, come una provocazione. In tali termini si sono espressi i rappresentanti del governo azero, che hanno bollato la risoluzione della camera alta del Parlamento di Parigi come un provvedimento ad uso e consumo interno. Non bisogna dimenticare che la diaspora armena in Francia è numerosa e che l’Eliseo ha sempre mantenuto posizioni vicine a quelle di Erevan. Proprio per questo motivo, già nel 1997, Baku aveva cercato di opporsi con tutti i mezzi a propria disposizione all’inserimento della Francia nel Gruppo di Minsk, ovvero il consesso internazionale istituito allo scopo di trovare una soluzione negoziale ai duri scontri avvenuti in Nagorno-Karabakh a partire dalla dissoluzione dell’URSS. Non è un caso che, proprio in questi giorni, tale richiesta sia stata nuovamente avanzata dall’Azerbaijan. Baku, spalleggiata dagli alleati di Ankara, preferirebbe piuttosto un ingresso della Germania nel Gruppo di Minsk, poiché considerata più imparziale della Francia. Neanche a dirlo, la soluzione prospettata dal governo azero sarebbe fortemente contrastata dall’Armenia, in quanto Berlino ospita una folta minoranza turca e Erevan teme che le posizioni del governo tedesco potrebbero essere vicine a quelle azere. In effetti, come spesso accaduto negli ultimi tempi, Francia e Turchia sembrano appoggiare le due opposte fazioni in lotta per il controllo della regione separatista e, ampliando l’orizzonte, la risoluzione del Senato francese parrebbe inserirsi nella vivace disputa tra Parigi ed Ankara. L’Eliseo ha assunto una postura piuttosto intransigente nei confronti delle politiche della Turchia, la quale, del resto, si è fatta decisamente più assertiva. Gli interventi militari turchi nei conflitti siriano e libico hanno sollevato forti voci di protesta in tutto il mondo occidentale, Francia compresa. Dopo che il 5 gennaio milizie di Ankara hanno fatto la loro comparsa al fianco degli uomini di Serraj, il Presidente Macron ha dichiarato che Erdoğan non aveva rispettato la promessa di non interferire nelle vicende libiche. Il Presidente turco non ha risposto alle parole dell’omologo francese, proseguendo comunque la propria campagna militare in supporto al GNA. Non bisogna dimenticare che, dal canto suo, Parigi non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alle truppe del Generale Haftar, il nemico di Serraj. Le tensioni tra Turchia e Francia sono nuovamente cresciute durante l’estate. Nel luglio del 2020, infatti, Macron ha comunicato il ritiro della marina francese dall’operazione NATO denominata “Sea Guardian”. Essa prevede l’azione di monitoraggio del rispetto dell’embargo sul rifornimento di armi alla Libia voluto dalle Nazioni Unite. Il Presidente francese ha giustificato il proprio voltafaccia ascrivendone la responsabilità alle azioni di Ankara. Pochi giorni prima una fregata francese aveva fermato una nave battente bandiera della Tanzania sospettata di trasportate armi di provenienza turca proprio in Libia. Sebbene Ankara abbia respinto tutte le accuse, i francesi hanno affermato che non abbia senso impegnare le proprie navi per il mantenimento di un embargo che un altro paese NATO non intende rispettare. Nemmeno un mese più tardi, nell’agosto del 2020, l’Eliseo ha spedito la portaerei Charles de Gaulle al largo delle coste cipriote ove le operazioni di esplorazione dei fondali da parte delle navi turche stavano pericolosamente aumentando la tensione. Negli ultimi anni sono stati scoperti numerosi giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo Orientale e le rivendicazioni dei diversi paesi litoranei si sono fatte più forti. Questo anche perché Ankara non è parte dell’UNCLOS, ovvero la Convenzione sul Diritto del Mare promossa dall’ONU, e dunque sostiene una diversa interpretazione dei confini marittimi rispetto a quella generalmente accettata dai paesi rivieraschi della regione. Viste le crescenti tensioni con la Grecia dovute anche all’intricata questione cipriota, Parigi ha deciso di inviare diversi vascelli nel Mediterraneo orientale con l’obiettivo di evitare uno scontro diretto tra Atene ed Ankara. Ad ogni modo, Macron si è schierato in maniera piuttosto decisa con la Grecia, affermando che le azioni unilaterali della Turchia nella regione sono una minaccia per il mantenimento della pace. Dal canto suo, Erdoğan ha risposto sottolineando che l’unica soluzione per il mantenimento della stabilità nelle acque del Mediterraneo orientale è il dialogo tra le parti in causa. La crescente rivalità tra Francia e Turchia è tornata a palesarsi nel mese di ottobre, in particolare a seguito del brutale omicidio del professor Samuel Paty. L’uomo, reo di aver mostrato alcune vignette considerate blasfeme dai suoi studenti musulmani durante una lezione sulla libertà di espressione, è stato decapitato e Macron non ha tardato a condannare l’islam radicale, ponendosi in difesa dei diritti garantiti dalla Costituzione francese. Le sue parole, a cui si devono aggiungere quelle pronunciate qualche settimana prima in merito alla pericolosità di un certo tipo di Islam, non sono state apprezzate ad Ankara. Erdoğan ha infatti immediatamente replicato, chiamando il mondo arabo a boicottare i prodotti francesi ed accusando il Presidente francese di islamofobia. Il “Sultano” si è spinto addirittura oltre, contestando la sanità mentale dell’omologo transalpino. L’appello di Erdoğan al boicottaggio è stato immediatamente raccolto da alcuni paesi arabi e dal Pakistan, mentre l’Eliseo ha reagito richiamando l’ambasciatore francese in Turchia in patria. I leader dei principali stati dell’Unione Europea si sono detti solidali con Emanuelle Macron ed hanno fortemente criticato il leader turco per le sue parole. Senza contare che nello stesso periodo le autorità francesi, nella persona del Presidente, avevano lamentato la diffusione di propaganda anti-francese da parte dei media turchi in Africa. Mentre le dure parole di Erdoğan potrebbero aver avuto un certo peso nell’ondata di attentati di matrice islamica che hanno sconvolto l’Occidente nell’ultimo mese, la propaganda turca nel continente africano potrebbe mettere a repentaglio la vita dei numerosi cittadini francesi che qui si trovano. Lo scontro tra le due potenze sembra dunque essere piuttosto acceso ed i botta e risposta tra le autorità di Ankara e Parigi sono all’ordine del giorno. Sebbene sia dettata da numerosi fattori, anche la risoluzione del Senato per il riconoscimento del Nagorno-Karabakh potrebbe essere un nuovo capitolo della rivalità tra Macron ed Erdoğan.
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