A cura di Carlo Comensoli e Matteo Buccheri, Elections Hub
In un’intervista rilasciata a The Guardian domenica 11 aprile, la Prima Ministra scozzese Nicola Sturgeon ha confermato che la possibilità di un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito sarà il punto centrale delle elezioni per il rinnovo del Parlamento locale del prossimo 6 maggio. Nelle settimane che precedono il voto, il tema rischia di determinare una rottura con Downing Street: infatti non è ancora del tutto chiara la posizione di Boris Johnson sulla concessione del referendum, che eventualmente potrebbe essere indetto anche senza l’approvazione del Governo centrale. Sturgeon si è però detta fiduciosa che Londra concederà ai cittadini scozzesi il voto sull’indipendenza se a maggio risulteranno vincitori i partiti che lo promuovono. Boris Johnson rimane comunque impopolare tra l’elettorato locale, al punto che nelle prossime settimane non visiterà la Scozia per sostenere la campagna del Partito Conservatore. Dal canto suo, a marzo il Primo Ministro ha accusato lo Scottish National Party (SNP) di Nicola Sturgeon di voler sfruttare la polarizzazione sul tema dell’indipendenza tra i cittadini scozzesi in vista della campagna elettorale del 2021, anche quando l’emergenza sanitaria e la gestione della pandemia di COVID-19 richiederebbero di mettere la questione in secondo piano. La posizione di Londra rimane incerta anche alla luce del fatto che solo sette anni fa si tenne un primo referendum sull’indipendenza della Scozia, che peraltro vide un’affluenza record pari all’84,59% degli aventi diritto. All’epoca il voto (che vide la vittoria del No col 55% circa delle preferenze) fu legalmente autorizzato da un atto ad hoc approvato dal Parlamento scozzese grazie a un accordo col Governo centrale. Chiaramente, l’esito di un altro referendum a meno di due anni di distanza, quello della Brexit, cambiò completamente le condizioni della questione dell’indipendenza scozzese, tanto che già all’indomani del voto Sturgeon invocò una nuova possibilità per i cittadini scozzesi di scegliere se restare nel Regno Unito. Nel 2016, infatti, in Scozia il Remain vinse clamorosamente con più del 60% delle preferenze, segnando un’evidente spaccatura col resto del Regno Unito protratta in questi cinque anni, anche dopo l’uscita definitiva del Paese dall’Unione europea (UE) avvenuta il 31 gennaio 2020. Questa spaccatura, oltre alla sfiducia nei confronti della leadership del Partito Conservatore che in questi anni ha gestito l’uscita dall’UE, è apparsa evidente nei risultati delle due elezioni generali anticipate del 2017 e 2019. Infatti, se da un lato i risultati generali delle legislative di due anni fa offrivano un chiaro mandato di governo per Johnson, in Scozia i Tories hanno registrato invece un calo delle preferenze, a favore di una netta vittoria dell’SNP, che attualmente nella Camera dei Comuni occupa ben 48 seggi sui 59 assegnati ai collegi scozzesi. Quanto agli equilibri interni, l’esito delle elezioni per il Parlamento di Holyrood rinnoverà con ogni probabilità la leadership di Nicola Sturgeon e del suo SNP, che secondo gli ultimi sondaggi si attesta intorno al 50% nelle liste dei singoli collegi e supera il 40% nelle liste regionali, staccando nettamente il Labour Party, il Conservative Party e i Greens. Tuttavia, a tenere banco è la frattura interna sul fronte indipendentista che rischia di essere decisiva, in un modo o nell’altro, per i piani di separazione della Scozia dal Regno Unito. La vicenda riguarda la premier uscente e Alex Salmond, ex Primo Ministro e precedente leader dell’SNP. Salmond fu l’artefice dell’ascesa del partito nazionalista con la vittoria delle elezioni del 2007 a scapito dei Laburisti che dominavano la scena politica scozzese fin dalle prime elezioni del Parlamento di Edimburgo nel 1999; rinnovò il suo mandato con la successiva tornata elettorale del 2011, ottenendo lo storico risultato della maggioranza assoluta, ma dopo la sconfitta nel referendum per l’indipendenza del 2014 lasciò la leadership del partito e si dimise da Primo Ministro. Entrambe le cariche furono occupate dalla sua vice e delfina storica, l’attuale premier Nicola Sturgeon, mentre Salmond si candidò alle elezioni del Parlamento di Westminster del 2015 ottenendo un seggio nella Camera dei Comuni. I rapporti tra i due maggiori esponenti del Partito Nazionale Scozzese si deteriorarono dopo le accuse di molestie sessuali contro Salmond avanzate a partire dall’agosto del 2018 da nove donne, tutte all’interno dei ranghi del partito o funzionarie governative. Le accuse vennero poi formalizzate nel gennaio del 2019, quando Salmond venne arrestato dopo la consegna alla polizia scozzese del report di un’indagine interna del Governo. Sempre dichiaratosi innocente e vittima di una strategia del partito per screditare la sua immagine, Salmond fece subito causa al Governo per vizi procedurali durante la gestione del caso, ottenendo un risarcimento da più di mezzo milione di sterline, e fu poi definitivamente assolto nel marzo del 2020. La bufera che colpì l’SNP, dal quale Salmond rassegnò le dimissioni dopo le prime accuse di molestie sessuali, coinvolse anche Nicola Sturgeon. Fu accusata dal suo predecessore, nonché vecchio mentore, di aver complottato con le alte cariche del partito (tra cui il marito Peter Murrell, Chief Executive Officer dell’SNP) contro di lui. Dopo aver negato a più riprese tali insinuazioni, Sturgeon si è dovuta difendere dalle accuse di violazione del codice ministeriale durante la gestione del caso Salmond; è stata assolta lo scorso 22 marzo dopo un’indagine indipendente e il giorno successivo il Parlamento ha rigettato la mozione di sfiducia proposta dai Conservatori grazie ai voti dell’SNP e dei Verdi, con Laburisti e Liberal-Democratici astenuti. Sturgeon, scampato il pericolo delle dimissioni, può quindi concentrarsi sulle elezioni di maggio e affrontare più rinfrancata la partita dell’indipendenza scozzese, per la quale si rivelerà decisivo ancora una volta il ruolo di Salmond che ha preso la leadership a fine marzo di un nuovo partito nazionalista e pro-indipendenza, Alba Party, che contenderà una piccola ma rilevante porzione di voti all’SNP. |
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