a cura di Cristiana Oliva Salute e diplomazia non sono mai state così collegate come oggi. Le grandi potenze mondiali hanno sviluppato piani ambiziosi per fornire a miliardi di persone l'immunità al nuovo coronavirus. Dallo sforzo americano-tedesco Pfizer-BioNTech al cinese Sinovac, passando per lo Sputnik V, l’approvvigionamento ai vaccini anti-Covid potrebbe delineare un nuovo ordine mondiale, rafforzando vecchie alleanze e creandone di nuove. Anche Pechino sfrutterà il vaccino per rivitalizzare la sua reputazione globale, cercando di accrescere la propria influenza in quei Paesi che sono interessati dalla strategia della “Belt and Road Initiative”. E così attraverso varie tournée, i diplomatici cinesi stanno dimostrando la beneficenza di Pechino promettendo ai Paesi di Asia e Africa l'accesso preferenziale al vaccino cinese. Proprio come la Via della Seta, la strategia cinese passa anche dal Medio Oriente e dall’Africa. Dal punto di vista dei Paesi del Golfo, il coronavirus ha trasformato la Cina da semplice partner commerciale a benefattore e collaboratore scientifico. Ansiosi di revocare i blocchi e limitare l'effetto della pandemia da Coronavirus sulle loro economie, i Paesi del CCG, hanno preso parte alle sperimentazioni del vaccino Sinopharm. Il 9 dicembre, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono diventati il primo paese al mondo ad approvare il vaccino sviluppato dalla China National Pharmaceutical Group Corporation. A seguire il Bahrein, che ha approvato il vaccino il 13 dicembre. Prima di passare alla somministrazione del vaccino su larga scala, il Bahrein e gli EAU hanno partecipato alla fase tre degli studi clinici del vaccino insieme a Egitto e Giordania. Proseguendo per la via della seta raggiungiamo la Turchia, dove le autorità hanno dato il via libera all'uso del vaccino Sinovac. Se infatti ad un primo sguardo i rapporti tra Cina e Turchia potrebbero sembrare poco rosei, il vaccino in realtà sembra sancire un’alleanza preannunciata da tempo. Sebbene la Turchia abbia accolto a lungo i rifugiati uiguri e si sia spesso pronunciata contro gli abusi del governo cinese sulla minoranza musulmana, negli ultimi anni Ankara si è avvicinata a Pechino e ha aumentato la sua assistenza nell'arresto o negli interrogatori degli uiguri accusati di terrorismo dalle autorità cinesi. Nonostante si rifiuti di estradare direttamente gli uiguri in Cina, la Turchia è stata accusata di averli inviati in paesi terzi, come il Tagikistan, dove l'estradizione in Cina è più facile. La diplomazia dei vaccini cinesi è arrivata anche nel continente africano, da tempo al centro delle strategie estere del paese del dragone. La Cina, infatti, si è impegnata a fornire vaccini a molti Paesi africani, cogliendo l'opportunità di aumentare il suo soft-power con una combinazione di filantropia e una grande dose di interessi commerciali. Nel dicembre 2020, il braccio logistico di Alibaba, Cainiao, ha stabilito una partnership con Ethiopian Airlines per introdurre una catena del freddo in grado di trasportare farmaci termosensibili dalla Cina, che renderà più agevole il trasporto di vaccini anti-Covid in Africa. In contrasto con il nazionalismo del vaccino dell'Amministrazione Trump, Pechino ha effettivamente offerto notevoli ricompense ai partner che intendono unirsi alla sua “via della seta e dei vaccini”. Ciò che ha reso la partnership particolarmente attraente per Egitto e Marocco è quella relativa alla produzione locale del vaccino, trasformando i due paesi nei nuovi hub cinesi nella regione. Le relazioni bilaterali tra Egitto e Cina, inaugurate dal famoso incontro tra il presidente Nasser e il premier Zhou Enlai nel 1955, hanno portato l'Egitto ad essere il primo paese arabo, africano e mediorientale a istituire un'ambasciata a Pechino, in un momento in cui l'Egitto difendeva la decolonizzazione e l'autodeterminazione mentre la Cina stava costruendo il suo stato moderno. Oggi l'Egitto non poteva mancare al grande piano della “Belt and Road” essendo la principale porta d'accesso all'Africa e al Medio Oriente grazie al controllo del canale di Suez. Per quanto riguarda il Marocco, seppur in un primo momento non aveva destato grandi interessi da parte della Cina, è diventato negli anni un tassello importante nella strategia di Pechino, probabilmente grazie alla maggiore stabilità politica del paese rispetto ai suoi vicini africani. L’aumento di popolarità del Marocco può essere fatto risalire alla visita del Re Mohammed VI in Cina nel 2016. D’altronde i due paesi sembrano condividere una reciproca non-interferenza nelle questioni interne: il rifiuto della Cina di commentare la questione del Sahara occidentale - una regione rivendicata dal Marocco - si sposa bene con il silenzio di Rabat sugli abusi di Pechino nei confronti della popolazione musulmana nello Xinjiang. Oltre alla reciproca non interferenza, il Marocco sta anche beneficiando di una serie di investimenti cinesi, in particolare in infrastrutture, che pongono il Marocco come hub per aumentare le esportazioni verso l'Europa e accorciare anche le catene di approvvigionamento. Nella vicina Algeria - paese simbolo del modello cinese di penetrazione nel mercato africano - gli investimenti del colosso orientale sembrano diminuire con l’aumentare dei disordini politici e sociali. Il paese, nel quale il Dragone si è impegnato in settori come quello energetico e edilizio, vede ora un allontanamento di Pechino, dimostrato dal fatto che la promessa per i vaccini è arrivata più tardi rispetto ai suoi vicini Marocco ed Egitto. L'idea che il vaccino cinese diventerà un bene pubblico globale è molto importante per la Cina in questo momento, poiché rappresenta una nuova modalità di propaganda nell’era della pandemia. Tuttavia, le autorità sanitarie hanno affermato che l’industria farmaceutica del Paese sarebbe in grado di produrre circa un miliardo di dosi entro la fine dell’anno ma circa la metà sono state impegnate all'estero. Supponendo che siano necessarie due dosi per ogni vaccinazione e che le capacità di produzione di vaccini non aumentino, quella quantità non sarebbe sufficiente per raggiungere il 70% degli 1,4 miliardi di cinesi che Pechino ha bisogno di vaccinare per raggiungere l'immunità di gregge l'anno prossimo. Questo significa che se il Dragone vuole ottenere l'immunità di gregge prima dei paesi occidentali, sarà costretto a rinnegare le sue promesse ai suoi alleati. La "diplomazia del vaccino" cinese non è così semplice come sembra.
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