A cura di Gregorio Staglianò, Responsabile del Programma sulla politica estera italiana
Come previsto dalla legge 124/2007 anche quest’anno è stata pubblicata la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, preparata dal Comparto Intelligence - DIS, AISE e AISI -, con la quale il Governo riferisce al Parlamento con un rapporto - non classificato – sulle minacce esterne ed interne, gli equilibri globali e le sfide alla sicurezza, relative al 2020 appena conclusosi. Il documento evidenzia come l’emergenza sanitaria abbia esacerbato e articolato il quadro delle minacce, agendo su più piani – investendo l’economia nazionale e internazionale, condizionando dinamiche geopolitiche e aggravando vulnerabilità sistemiche – e accelerando alcune linee di tendenza – cronicizzando conflitti, evidenziando le difficoltà del multilateralismo, l’antagonismo tra le potenze globali, la corsa al primato tecnologico l’aggressiva competizione economica. Le sfide rilevate dai Servizi si sommano così a quelle variabili che incidono sulla sicurezza dei cittadini e nazionale che già oggi sono in cima alle priorità delle agende politiche: dai cambiamenti climatici agli squilibri demografici, dai piani di ripresa nazionali al posizionamento dell’UE nello scenario globale. Temi, questi, di assoluta rilevanza strategica per l’Italia che quest’anno ha assunto la Presidenza di turno del G20, e che dunque si trova nella posizione di poter utilizzare il forum come cassa di risonanza alle tematiche evidenziate dal Comparto Intelligence nella Relazione annuale che hanno una diretta incidenza sulla nostra politica estera. Sul versante esterno, l’intelligence italiana evidenzia come area prioritaria la regione mediterranea, oggetto di instabilità diffusa a dieci anni circa dalle Primavere Arabe: dalle proteste in Tunisia, alla crisi politica in Algeria, fino alla minaccia delle frange qaediste e legate all’ISIS in Egitto. Cruciale per gli interessi nazionali italiani soprattutto lo scenario libico al quale la Relazione dedica una notevole attenzione in linea di continuità con il passato e a supporto della salvaguardia dell’azione del nostro Paese per stabilizzare e presidiare il quadrante. Dalla protezione dei rifornimenti energetici alle misure di contrasto al terrorismo e all’immigrazione clandestina, la Libia è uno dei dossier più complessi e verso il quale la politica estera italiana dedica più sforzo nell’ottica di pacificare un contesto che si riflette sulla sicurezza regionale e internazionale, alimentando traffici illeciti e circuiti di sostegno al terrorismo jihadista. I negoziati per la stabilizzazione dell’area – secondo l’intelligence – procedono, soprattutto dopo che il 23 ottobre scorso il Comitato Militare Congiunto - formato da cinque rappresentanti dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) e da altrettanti membri del governo di Tripoli – riunitosi a Ginevra, sotto l’egida delle Nazioni Unite ha firmato un cessate-il-fuoco permanente, consentendo anche la ripresa delle attività petrolifere. Tuttavia, a ostacolare questa intesa concorrono alcuni elementi che hanno caratterizzato la crisi libica almeno fin dal 2011: l’ostilità manifesta tra i vari gruppi armati che hanno difeso Tripoli e il nodo del loro reintegro negli apparati di sicurezza “nazionali”, lo stillicidio di mercenari – provenienti dalla Russia, dalla Siria, dal Sudan e dal Chad prevalentemente -, gli interessi degli attori “nazionali” coinvolti nel conflitto e il carattere di “procura” che la crisi ha assunto nel momento in cui potenti attori regionali e internazionali hanno cominciato a sostenere – economicamente e militarmente – le due maggiori fazioni in lotta, con Turchia e Qatar al fianco di Tripoli, ed Egitto, Emirati Arabi Uniti e Russia a sostegno della Cirenaica. Il protrarsi della pandemia, delle privazioni di cui soffre la popolazione libica e il delicatissimo mosaico di interessi, gruppi armati e attori coinvolti chiarisce perfettamente il motivo per il quale i nostri Servizi abbiano voluto dedicare attenzione prioritaria all’area. L’Italia sta assumendo un ruolo più definito anche nella regione del Sahel, - con la partecipazione ai lavori del Gruppo Ristretto d’indirizzo politico della Coalizione per il Sahel e con la missione bilaterale Niger-MISIN delle Forze Armate Italiane - in un’area esposta ad un notevole decadimento securitario, crocevia di flussi migratori verso il Mediterraneo. L’analisi dell’intelligence evidenzia il venir meno “dell’anomalia saheliana”, cioè quella tendenza che negli anni passati aveva registrato una sinergia logistico-operativa tra i gruppi armati qaedisti e quelli afferenti allo Stato Islamico, in direzione opposta rispetto ad altri teatri. Il 2020 ha invece visto l’esplodere di un’agguerrita contrapposizione tra i gruppi di diversa affiliazione sul territorio, che si è tradotta in numerosi attacchi terroristici contro postazioni di polizia, avamposti militari e obiettivi stranieri. Una minaccia simile la Relazione la individua anche nel Corno d’Africa, un’area in cui il nostro Paese è impegnato in molteplici attività bilaterali e multilaterali. Si tratta di un teatro che oltre a subire le attività di formazioni qaediste somale come Al-Shabaab o quelle relative alle branche locali dell’ISIS, si è ritrovato al centro dell’interesse di numerosi attori internazionali, come le monarchie del Golfo, la Turchia, la Cina e la Russia, attente a implementare le rispettive partnership nel settore economico ed energetico – basti pensare alla Grand Ethiopian Renaissance Dam, la cui costruzione è terminata proprio nel 2020. L’intelligence ha dedicato particolare spazio e attenzione anche al Libano, realtà di profondo interesse sia per la presenza del contingente UNIFIL a comando italiano, sia per la Missione Militare Bilaterale in Libano-MIBIL, sull’orlo dell’ennesima drammatica crisi finanziaria; all’Iraq, teatro i cui la presenza italiana è testimoniata dall’impiego delle unità italiane nelle missioni internazionali della NATO e nella Coalizione anti-Daesh; all’Iran, alla Giordania, ai Territori Palestinesi, a Israele e ai Paesi del Golfo alla catastrofe umanitaria nello Yemen e all’Afghanistan: teatro in cui circa 900 militari italiani sono impegnati nella missione NATO Resolute Support. Monitorati nella Relazione anche la Russia e lo spazio post-sovietico, aree queste, caratterizzate da numerosi avvenimenti come i primi scontri armati tra Armenia e Azerbaijan (luglio 2020), le proteste post-elettorali in Bielorussia, l’avvelenamento dell’oppositore politico Aleksej Navalny a Tomsk (agosto 2020), il conflitto in Nagorno-Karabakh (settembre 2020) e le tensioni in Kirghizistan (ottobre 2020), tra gli altri. Uno degli attori principali dell’anno appena trascorso che rappresenta un quadrante di notevole interesse per l’intelligence è senz’altro la Cina, che è riuscita a trasformare in opportunità alcuni fattori di rischio legati alla pandemia: internamente implementando il sistema di controllo sociale ed esternamente potenziando la collaborazione diplomatica su base bilaterale e multilaterale. Dalla questione uigura nello Xinjiang, ai fatti di Hong Kong, dall’attivismo in Africa e in America Latina alla proiezione nello spazio, la Cina ha assunto una postura globale che ad oggi rappresenta uno dei maggiori temi di analisi e di interesse del Comparto Intelligence italiano. |
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