A cura di Carlo Comensoli e Rossella Savojardo, Elections Hub
Gli esiti delle elezioni per il rinnovo della Camera Bassa olandese confermano l’attuale maggioranza di governo guidata dal leader del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) Mark Rutte. Nonostante la crisi di governo e le dimissioni dello scorso gennaio, la sua riconferma come Primo Ministro è già data quasi per scontata dalle prime proiezioni. I risultati delle legislative del 17 marzo portato comunque con sé grandi novità relative soprattutto alla riconfigurazione, anche se non del tutto, dell’assetto politico del parlamento olandese. Nel complesso l’elezione ha visto un’alta affluenza, ha votato infatti circa l’80% degli aventi diritto. Un dato che si riempie anche di un valore simbolico dal momento che le legislative nei Paesi Bassi di ieri sono uno dei principali appuntamenti elettorali in Europa durante la pandemia da COVID-19. L’alta partecipazione è stata possibile anche grazie alle misure messe in campo per l’occasione, con un parziale allentamento delle restrizioni, l’apertura dei seggi per tre giorni consecutivi e la possibilità di votare per corrispondenza. Con le elezioni di questa settimana, il VVD di Rutte rimane il primo partito guadagnando tre seggi, per un totale di trentasei sui centocinquanta totali della Camera. Ma la principale novità è stato il risultato del partito liberale europeista D66 che, stando alle proiezioni all’indomani del voto, ha registrato un incremento delle preferenze, contrariamente a quanto previsto dai sondaggi. Passando da diciassette a ventiquattro seggi, il partito guidato dalla Ministra del commercio estero e dello sviluppo economico Sigrid Kaag sarà il secondo partito per numero di Rappresentanti nella prossima legislatura. Infatti, se già dal 2017 il D66 faceva parte della coalizione guidata da Rutte, grazie ai risultati di ieri avrà più voce in capitolo, a discapito degli altri due partiti al governo. Mentre infatti l’Unione Cristiana (CU) mantiene i cinque seggi attuali, l’Appello Cristiano Democratico (CDA), partito di centrodestra guidato dal Ministro delle Finanze uscente Wopke Hoekstra, passa da diciannove a quindici seggi. Anche all’opposizione si registra una riconfigurazione, dovuta innanzitutto al calo di preferenze del Partito per la Libertà (PVV) guidato da Geert Wilders. Se il PVV, noto per le posizioni euroscettiche, era stato la principale novità alle scorse elezioni del 2017, da cui uscì come il secondo partito per numero di seggi pur non entrando poi in coalizione con Rutte, quest’anno ha registrato una perdita di tre seggi, posizionandosi dietro al D66. Già prima delle elezioni, quando si pronosticava una perdita più limitata per il PVV, Rutte e gli altri rappresentanti dei partiti al governo avevano escluso qualsiasi ipotesi di coalizione con Wilders. Visti i risultati, il Partito per la Libertà nei prossimi quattro anni avrà meno influenza sulla scena politica olandese, anche per il semplice fatto di essere stato scalzato proprio dalla principale forza europeista di centro. Sempre a destra, contrariamente alle aspettative, il partito conservatore di estrema destra Forum della Democrazia (FvD) è riuscito a ottenere otto Rappresentanti. Un risultato migliore di quanto previsto dai sondaggi delle scorse settimane, ma comunque lontano da quanto si prospettava nel 2019. Prima della pandemia e della crisi all’interno del partito, il FvD di Thierry Baudet sembrava infatti destinato a ottenere più di venti seggi. Continuano invece le difficoltà per il centrosinistra nel tentativo di rafforzare la propria presenza dopo la disfatta del 2017. Il Partito per il Lavoro (PvdA), che dovrebbe essere la forza principale di quest'area politica, rimane fermo ai soli nove Rappresentanti che già aveva durante la scorsa legislatura, segno di una stagnazione per certi versi simile a quella del Partito Socialista in Francia. Il problema di quest’area dell’opposizione è stata la mancanza di una leadership credibile che potesse rappresentare un’alternativa al centrodestra di Rutte. Lo stesso PvdA lo scorso gennaio ha anche sofferto a causa delle dimissioni del leader Lodewijlk Asscher, che era Ministro degli affari sociali e del lavoro in coalizione con Rutte all’epoca dei casi che hanno poi portato all’inchiesta parlamentare sullo scandalo dei sussidi per cui lo scorso governo si è dimesso. Di per sé la riconferma di Mark Rutte alla guida dell’esecutivo non costituisce una novità ed era già stata pronosticata nelle scorse settimane, quando la vittoria alle elezioni del leader liberale sembrava già l’unico scenario possibile. Si può anche osservare che l’inizio del suo quarto mandato avviene a pochi mesi dalle elezioni legislative in Germania che vedranno l’uscita di scena di Angela Merkel, cancelliera da quindici anni. Rutte ne esce quindi sicuramente rafforzato, anche nel panorama europeo. Già l’anno scorso il Capo dell’esecutivo olandese, durante i negoziati per il lancio del piano Next Generation EU, era di fatto alla guida dei leader dei Paesi cosiddetti “frugali”, con una posizione scettica per quanto riguarda gli aiuti a fondo perduto. Stando ai sondaggi di opinione, questa presa di posizione la scorsa estate vedeva l’approvazione della maggior parte dell’elettorato olandese. Al netto dei risultati delle elezioni, nonostante l’ampia vittoria del centrodestra e sconfitta della sinistra, l’assetto parlamentare dei Paesi Bassi che sembra costituirsi riflette la frammentazione della situazione politica e ideologica dell’intero paese. Sebbene per i prossimi quattro anni si prospetti una coalizione di governo con gli stessi quattro partiti precedenti, l’exploit del partito D66 dovrebbe cambiare gli equilibri all’interno della maggioranza: la crescita di consensi per il partito liberale europeista potrebbe infatti portare Mark Rutte ad avere un approccio meno intransigente nei confronti delle politiche comunitarie. |
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