Miriam Viscusi, Elections Hub
Il 17 marzo si terranno le elezioni legislative nei Paesi Bassi. I partiti iscritti risultano essere ben 37, un numero così elevato da riflettere la frammentazione ideologica che il paese sta vivendo in questo momento storico. L’attuale governo, dimessosi il 15 gennaio, era composto da una coalizione nata nel 2017 tra Partito della Libertà e della Democrazia (VVD), Appello Cristiano Democratico (CDA), Democratici (D66) e Unione Cristiana (CU). Mark Rutte, Primo Ministro dal 2006 nonostante le sue dimissioni, correrà anche questa volta alle elezioni con il suo partito VVD. Dei 37 partiti in corsa, quelli con maggiori possibilità di entrare in Parlamento sembrano essere comunque i 13 partiti già precedentemente eletti. Oltre a quelli uscenti, vanno ricordati anche i partiti attualmente all’opposizione. GroenLinks, in ascesa, è il partito della sinistra ecologista ed europeista: l’ambiente è al centro del suo programma, ma anche la lotta al razzismo e contro le discriminazioni rappresentano una parte importante del programma. Visioni simili ha il Partito degli animali (PvdD), che insiste sull’ inversione di rotta rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali del Pianeta. Il Partito Socialista (SP) include nel suo programma anche l’occupazione, senza però tralasciare l’istruzione, la solidarietà e l’ecologia. Il PvdA invece, il Partito dei lavoratori, insiste su concetti sociali quali lavoro e salario minimo. Quest’ultimo rappresenta il punto cardine del programma, insieme al diritto alla casa e all’istruzione garantita per tutti. Il partito più vecchio dei Paesi Bassi è il Partito Politico Riformato (SGP): fondamentalista, protestante e vicino alla CU. DENK, il cui nome significa allo stesso tempo “pensare” in olandese e “uguaglianza” in turco, è il partito delle minoranze, che tra i suoi punti programmatici inserisce obbligo vaccinale, lotta all’islamofobia e più diritti sociali. Infine, Volt, il partito a vocazione europeista e internazionalista, sceglie come temi centrali le migrazioni, il clima e la sicurezza. Tra le new entry quelle più significative sono tre: la coalizione Code Oranje, formata da fuoriusciti dal PVV e dalla lista Fortuyn; BIJ1, il partito multiculturale e multietnico guidato da Sylvana Simons e JA21, formato da ex FVD. I temi centrali dei programmi sono più o meno gli stessi per tutti i partiti, i quali però accordano priorità diverse a seconda della posizione nello spettro politico. Stando all’istituto nazionale di statistica dei paesi bassi (CBS), che ha studiato i programmi di undici partiti, in totale vengono proposte oltre mille misure economiche. I temi più ricorrenti sono la spesa pubblica, la salute, la lotta alla disoccupazione il raggiungimento di una sostenibilità finanziaria nazionale. Al contrario delle elezioni del 2012, quando il Paese stava uscendo dalla crisi finanziaria mondiale, questa volta i partiti dovranno presentare proposte pubbliche appetibili, anche in vista dei fondi in arrivo dal Recovery Fund. Alla fine del mandato 2021, la maggior parte dei partiti si aspetta un aumento del potere d’acquisto dovuto al miglioramento della situazione economica. la previsione più alta è quella del Partito Socialista (SP), seguito da PvdA e GroenLinks. Tutti i partiti prevedono di aumentare la spesa pubblica, tranne DENK che prevede un aumento delle tasse e della vendita del gas. Sul tema occupazione, invece, le proposte degli schieramenti si differenziano: i partiti di destra intendono creare impiego nel settore privato (CDA e VVD), mentre quelli di sinistra (D66, groenlinks, PvdA sono orientati a spendere per creare impiego nel settore pubblico. Per quel che riguarda la spesa per l’istruzione invece, D66, GroenLinks e PvdA prevedono massicci investimenti nei propri programmi. Al contrario, nel centrodestra VNL propone dei tagli a favore di investimenti per difesa e sicurezza. Anche la salute, visti il periodo, sta giocando un ruolo fondamentale: SP ha intenzione di aumentare in modo significativo le spese per la salute e migliorare il Fondo sanitario nazionale, ma ci sono partiti come VVD, CDA, D66, ChristenUni e SGP che prevedono una minore spesa in sanità. Alcuni fra D66, GroenLinks, SP, PvdA, CU e Denk propongono una riduzione dei premi dell’assicurazione sanitaria oltre ad aumentare il salario minimo, i sussidi e le indennità. Gli elettori però sembrano preoccupati non tanto dalla gestione della pandemia, ma di quello che accadrà in seguito: secondo un sondaggio, per 7 elettori su 10 i programmi elettorali non contemplano abbastanza l’Olanda post-covid. In altre parole, mancherebbe, stando al sondaggio, una visione di lungo periodo. La questione ambientale, ad esempio, nonostante sia uno dei temi più caro per gli elettori, sembra quasi assente dalla campagna elettorale: viene menzionato nel proprio programma solo da una decina di partiti. Ma di questi, solo tre (GroenLinks, SP e D66) prevedono un consistente aumento della spesa pubblica per affrontare la crisi climatica. Il grande ritorno sembra invece essere il nucleare: la maggior parte dei partiti olandesi lo considera una soluzione all’emergenza climatica e si impegnerebbe a implementare una soluzione nucleare nel Paese. Infine, il punto che accomuna tutti i partiti è la volontà di aumentare le tasse per le imprese, puntando al tempo stesso ad un alleggerimento della pressione fiscale a favore delle famiglie. Data la peculiarità del sistema olandese nella creazione di governi di coalizione, è molto probabile che le stesse si formeranno in futuro, pur non essendo così scontate. Infatti, sia Mark Rutte che il leader della CU, Wopke Hoekstra, hanno preso le distanze dal PVV con cui avevano in precedenza governato. Anche tra i due, però, vi sono delle divergenze: Rutte non accetta di buon grado le promesse elettorali del leader CDA legate alla sanità, considerandole esagerate. Tenendo conto che le ultime proiezioni vedono la vittoria della destra, ad oggi la composizione di un’ipotetica coalizione sembra ancora rimanere un’incognita. |
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