Stati Uniti e Russia concordano l’estensione del Trattato New START sul controllo degli armamenti30/1/2021
a cura di Carlo Comensoli A meno di una settimana dall’insediamento della nuova Amministrazione a Washington, si è svolto il primo colloquio telefonico tra Joe Biden e Vladimir Putin, i quali hanno concordato l’estensione al 2026 del “New Strategic Arms Reduction Treaty” (New START, in russo SNV-III) tra Stati Uniti e Russia in prossimità del termine per il rinnovo delle condizioni dell’accordo, previsto per 5 febbraio 2021. Al giorno d’oggi si tratta dell’unico accordo sul controllo degli armamenti in vigore tra i due paesi. L’estensione del trattato in questione è quindi un passaggio importante nella ridefinizione dei rapporti tra le due superpotenze per i prossimi anni, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi in politica interna ed estera di entrambi i paesi. Ne è prova un’intervista rilasciata lo scorso 11 gennaio all’agenzia di stampa russa RIA Novosti da Mikhail Gorbačëv, che ha parlato della necessità di rinnovare per i prossimi cinque anni i termini del New START. Il trattato in questione stabilisce per gli arsenali delle due superpotenze il limite di 1550 testate nucleari e 700 tra missili ICBM e bombardieri pesanti per entrambe le parti, con un rigido sistema di monitoraggio. L’ex Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, fautore della Perestrojka, ha parlato dell’estensione del trattato come di un “primo passo” per la distensione dei rapporti tra le due superpotenze. In effetti, uno dei punti del programma per la politica estera del ticket presidenziale Biden-Harris è proprio il rinnovo del New START, che è anche considerato dai Democratici come la base per la stipula di nuovi accordi per il controllo degli armamenti, promuovendo un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti a livello internazionale rispetto all’unilateralismo che ha caratterizzato la presidenza di Donald Trump. Per Joe Biden, inoltre, l’estensione del trattato a meno di un mese dall’insediamento alla Casa Bianca è anche un segno di continuità con l’Amministrazione Obama, di cui faceva parte in qualità di Vicepresidente. L’accordo, infatti, fu firmato nel 2010 dall’ex Presidente Dem e dall’allora Presidente russo Dmitrij Medvedev (all’epoca Putin, nell’impossibilità di ricandidarsi per un terzo mandato di seguito, ricopriva l’incarico di Primo Ministro in attesa della rielezione nel 2012). Inoltre, come riconosciuto dallo stesso Gorbačëv che lo ha incontrato in più occasioni, durante la lunga carriera di Senatore Biden ha avuto modo di occuparsi anche della cooperazione per il disarmo nucleare. Tuttavia già in questi mesi, durante la transizione presidenziale, i rapporti tra Stati Uniti e Russia hanno incontrato nuovi ostacoli. Putin infatti si è congratulato con Biden soltanto dopo la nomina ufficiale da parte del Collegio dei grandi elettori a dicembre, un mese dopo le elezioni. Inoltre, proprio durante il passaggio dei poteri tra le due Amministrazioni si è presentato il problema dell’intrusione di hacker russi nei sistemi informatici di dipartimenti chiave del governo statunitense. A fine novembre Biden ha nominato Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, che ha parlato della questione del controllo degli armamenti come di uno dei pochi punti su cui la Casa Bianca e il Cremlino potranno collaborare nei prossimi anni, anche se ufficialmente, prima dell’insediamento, non c’è stato nessun dialogo in merito tra il Comitato di transizione presidenziale e rappresentanti del governo russo. Sicuramente i problemi di cybersecurity e l’estensione degli attacchi informatici russi complicheranno ulteriormente il dialogo tra i due paesi durante la Presidenza di Biden, anche alla luce dell’incarcerazione, il 17 gennaio scorso, dell’oppositore politico Aleksej Naval’nyj al rientro a Mosca e della violenta repressione delle proteste che ne sono seguite, con l’arresto di più di tremila manifestanti. Nell’intervista a RIA Novosti, Gorbačëv sottolinea come il trattato bilaterale tra Stati Uniti e Russia si pone in linea con i risultati raggiunti con la fine della Guerra Fredda: il primo accordo START del 1991 fu firmato proprio dall’ex leader politico dell’URSS e dall’allora Presidente degli Stati Uniti George H. W. Bush. Secondo l’ex Segretario generale del PCUS, l’estensione del terzo accordo sul controllo degli armamenti proprio all’inizio del mandato di Biden potrebbe quindi diventare il primo passo verso un miglioramento dei rapporti tra le due potenze. A rimarcare quanto il rinnovo dell’accordo possa anche assumere una valenza simbolica in una fase delicata nelle relazioni tra i due paesi come quella attuale è il ricordo dell’anniversario dei 35 anni dal primo incontro con Ronald Reagan al Vertice di Ginevra del 1985, avvenimento che Gorbačëv definisce “ancora attuale”: in effetti all’epoca il primo accordo START rispecchiava il principio della “interdipendenza” tra i due blocchi, uno dei punti principali della Perestrojka. Rispetto a trent’anni fa, tuttavia, lo scenario geopolitico attuale appare totalmente diverso dal bipolarismo a cui fa riferimento Gorbačëv: il leader politico ha quindi auspicato che l’estensione dell’accordo possa portare a ulteriori limitazioni sul possesso di armamenti. Lo scorso novembre, le discussioni tra le due parti si erano arenate proprio quando i rappresentanti dell’Amministrazione Trump avevano proposto il coinvolgimento della Cina negli accordi per un ulteriore trattato, qualora l’estensione del New START di un anno con conseguente congelamento degli arsenali nucleari allora proposta dagli Stati Uniti fosse stata raggiunta. L’assenza della Cina era infatti ritenuta dalla parte statunitense come il fattore che più rendeva anacronistico il trattato; Pechino, dal canto suo, non sarebbe favorevole a un tale accordo per via dell’asimmetria tra le testate cinesi e quelle di Stati Uniti e Russia. La scadenza del New START è prevista per il 5 febbraio, a sole due settimane dall’insediamento di Biden. Sia il neo Presidente degli Stati Uniti che Vladimir Putin hanno comunque espresso la volontà di attivare la clausola per l’estensione del contratto al 2026; dal momento che la ratifica è già avvenuta nel 2010, in questo caso non è necessaria l’approvazione del Senato degli Stati Uniti, e questo permette di accorciare i tempi. Putin ha invece bisogno del voto favorevole della Duma di Stato, su cui comunque esercita il suo controllo politico e che già dieci anni fa ha ratificato il trattato.
|
|