a cura di Giorgio Catania Nonostante il tentativo di smorzare la tensione al vertice di Ginevra tra Putin e Biden dello scorso 16 giugno, il fronte Washington-Mosca resta caldo. In primis la Bielorussia. L’atterraggio forzato del volo Ryanair a Minsk per arrestare il dissidente Roman Protasevich ha ulteriormente esacerbato i rapporti tra Biden, Lukashenko e – di riflesso – Putin, sospettato di aver giocato un ruolo importante nel dirottamento aereo. “Un chiaro affronto alle norme internazionali da punire con severe sanzioni”. La presa di posizione degli Stati Uniti non si è fatta attendere e ha colpito – in coordinamento con l’Unione europea – nove grandi imprese statali bielorusse e membri chiave del regime di Lukashenko, ritenuti responsabili di corruzione e violazione dei diritti umani. Biden ha più volte minacciato di sospendere l’accordo del 2019 con Minsk per i servizi aerei, così come ha confermato l’uscita degli Stati Uniti da Open Skies, il trattato trentennale con Mosca che consente reciproca sorveglianza aerea. E non è tutto. La nuova amministrazione americana ha dimostrato di spingere con convinzione sul tasto dei diritti umani (lo abbiamo visto e lo vedremo ancora con la Cina e con la Russia) ed è per questo che Biden chiede spiegazioni sulla “falsificazione” delle elezioni presidenziali bielorusse del 2020, sulla repressione delle manifestazioni di massa, fino ad arrivare all’ affaire Protasevich, di cui gli Stati Uniti chiedono l’immediata scarcerazione. Colpire la Bielorussia significa colpire la Russia. Biden lo sa bene. Come è noto, la Bielorussia fa parte della Comunità degli Stati indipendenti (dal 1991), dell’Unione Russia-Bielorussia (dal 1996), dell’Unione Economica Eurasiatica (dal 2015), ed è integrata con le Forze Armate Russe. Rappresenta inoltre un importante snodo energetico per alcuni dei gasdotti e oleodotti attraverso i quali la Russia rifornisce di idrocarburi i mercati europei. Alla luce di tutto ciò Minsk rimane e rimarrà legata a doppio filo con Mosca. Per questo è necessario indebolire un asset di “democrature” che è diventato estremamente dannoso per i diritti umani e per la stabilità dell’Unione europea, tenendo presente che la Russia considera i confini bielorussi una parte irrinunciabile della nuova cortina di ferro tra le forze NATO e la Federazione Russa. Dal canto suo la Russia respinge ogni accusa e cerca di tenersi fuori dalla vicenda che coinvolge Protasevich ma non rinuncia affatto alle relazioni con Minsk. Putin e Lukashenko si sono incontrati a Sochi per implementare una sempre maggiore cooperazione tra i loro stati. Di fatto nella strategia del Cremlino si tratterebbe di una annessione della Bielorussia, un disegno che preoccupa gli Stati Uniti e a cui il Presidente bielorusso non può che opporsi, almeno a parole. “Solo degli idioti possono pensare che al giorno d’oggi possa esistere una servitù coloniale tra nazioni amiche” ha detto Lukashenko a margine dell’incontro con il suo omologo russo. Come se non bastasse, la notizia dell’ennesimo episodio di hackeraggio russo contro l’amministrazione americana, dopo il grave caso della Colonial Pipeline (il più grande oleodotto americano, bloccato per una settimana da hacker russi). Come rivelato da Microsoft, hacker legati all’intelligence russa hanno violato il sistema e-mail utilizzato dall’Agenzia per gli Aiuti Internazionali del Dipartimento di stato americano (Usaid) al fine di infiltrarsi nelle reti informatiche di alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani che in passato hanno criticato Putin. Nel mirino del gruppo hacker Nobelium (già coinvolto negli hackeraggi contro il Partito Democratico nel 2016) circa 3000 e-mail di oltre 150 organizzazioni di almeno 24 Paesi, “colpevoli” di denunciare le azioni di Putin contro i dissidenti o di protestare contro l’avvelenamento e l’incarcerazione dell’oppositore Alexiei Navalny. E non è bastato il vertice a placare i movimenti sulla rete: venerdì 2 luglio gli hacker del gruppo REvil hanno attaccato i server della Kaseya, una multinazionale americana con sede operativa a Miami (quella legale è Dublino, in Irlanda) specializzata nella fornitura e nella gestione di servizi informatici alle aziende. Ulteriore terreno di scontro è senza dubbio l’Artico. Il riscaldamento globale ed il conseguente scioglimento dei ghiacciai hanno aperto nuove rotte commerciali (prima inaccessibili) dando il via ad una competizione tra stati per la conquista di risorse naturali ed energetiche. In questo contesto Washington ha deciso di non sottovalutare l’attivismo di Mosca nella regione e – a margine dell’ultimo Consiglio Artico del 21 maggio – ha deciso di costruire 4 nuove basi in Norvegia e di incrementare ulteriormente le esercitazioni congiunte con Oslo in funzione antirussa.
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