a cura di Agnese Anselmo A un anno dallo scoppio dell’emergenza pandemica in Brasile, con quattro Ministri della Salute che si sono succeduti, la situazione sembra non essere mai stata sotto controllo neanche per un momento a causa, dapprima, dell’inesistente politica federale di contenimento della diffusione del virus Covid-19 e, in seguito, dell’inefficace corsa all’approvvigionamento dei vaccini da parte dell’Amministrazione Bolsonaro. La grossa problematica è stata proprio la mancanza di coordinamento tra i governatori dei vari Stati (in quanto il Brasile è una federazione) e il proprio Presidente, il quale ha sempre ricercato lo scontro politico piuttosto che il dialogo per rispondere alle esigenze derivanti dalla pandemia. Bolsonaro ha di fatto mantenuto una politica “negazionista” rispetto alla pericolosità del Covid-19 e contemporaneamente si è deresponsabilizzato dal peso della gestione dell’emergenza sanitaria scaricando le colpe della mal gestione sui governatori, poiché la sentenza 24 marzo 2020 del STF (Supremo Tribunale Federale), che sanciva la competenza congiunta tra governatori, sindaci e governo federale nel regolamentare le restrizioni agli spostamenti, ha bloccato il tentativo del Presidente di accentrare il potere decisionale in favore del solo governo. Ad esempio i governatori sono stati spesso contraddetti da Bolsonaro nel momento in cui cercavano di attualizzare politiche preventive contro la diffusione del virus. A loro, infatti, il Presidente ha imputato la crescente crisi economica sostenendo che con le quarantene e la chiusura delle attività commerciali i governatori fossero responsabili dell’incremento dei tassi di disoccupazione e pertanto fosse loro responsabilità trovare soluzioni alternative. A tal proposito l’istituto CEPEDISA (Centro di Studio e Ricerca di Diritto Sanitario dell’Università di San Paolo), con una ricerca iniziata lo scorso marzo 2020 e in continuo aggiornamento, ha pubblicato un’analisi delle normative contro il Covid-19 adottate durante la pandemia, evidenziando su una linea temporale come il Presidente abbia tentato di boicottare molte delle misure emanate dai governatori e, parallelamente, abbia attuato una propaganda per screditare le autorità scientifiche sulla pericolosità del Covid-19, indebolendo l’adesione popolare a seguire le raccomandazioni sanitarie. Infatti, ad esempio, per tutto il 2020 il Presidente ha spinto sull’utilizzo di strumenti quali la clorochina, farmaco contro la malaria, screditando le evidenze scientifiche e i pareri dell’OMS ed investendo in migliaia di compresse di tale farmaco al posto dei vaccini. Va ricordato come l’accordo con l’azienda Pfizer-Biontech, che già ad agosto del 2020 proponeva 70milioni di dosi entro giugno 2021 al governo brasiliano, sia stato lasciato cadere nel vuoto e Bolsonaro abbia ammesso solamente lo scorso febbraio 2021 di aver commesso un errore di valutazione. Tale approccio “negazionista” ha generato inevitabilmente un ritardo sulla campagna vaccinale e il Brasile ha iniziato realmente a trovare accordi sui vaccini solamente a inizio marzo 2021 con 138 milioni di dosi previste entro la fine dell’anno.[5] Ma nonostante tutto in Brasile la campagna vaccinale è iniziata ufficialmente il giorno 18 gennaio, non per merito di Bolsonaro, ma della spinta data dal governatore dello Stato di San Paolo Joao Doria, il quale ha iniziato il giorno prima a vaccinare nella regione, dopo molte difficoltà per ottenere gli accordi con le case farmaceutiche per via dei blocchi che si erano creati a livello nazionale. La campagna vaccinale messa in atto dal Governatore dello Stato di San Paolo ha inevitabilmente attirato l’attenzione di Bolsonaro, non tanto per un suo repentino interessamento alla questione dell’emergenza pandemica, quanto per un personale interesse a riguadagnare il consenso politico perso in previsione delle elezioni presidenziali del 2022, dove Joao Doria sarà il suo diretto rivale politico nell’elettorato di destra. Sembra infatti che il governatore abbia acquisito popolarità proprio per l’avvio della campagna vaccinale nello Stato di San Paolo, rischiando di buttare fuori Bolsonaro dalla corsa alla presidenza, in un momento in cui il vaccino diventa la speranza di un Brasile martoriato dalle varianti del Covid-19 che vede crescere in modo esponenziale il numero dei morti, rendendolo il secondo Paese al mondo per morti e contagi, e non riesce a evitare il collasso delle strutture ospedaliere. A tal proposito, va ricordato come il governo federale non sia riuscito a gestire l’esplosione di contagi nella regione di Manaus, una delle regioni più povere del Brasile già colpita duramente durante la prima ondata, dove a metà gennaio 2021 sono terminate le scorte di ossigeno e la città si è trovata a ricevere rifornimenti dal vicino Venezuela per l’incapacità di coordinamento tra municipi, regione e governo federale. Inoltre il Presidente si trova ora a fare i conti con il ritorno di Lula sulla scena politica, dopo essere stato scagionato dalle condanne nel mese di marzo, che ha pubblicamente incolpato Bolsonaro per la sua mal gestione, accusandolo anche di genocidio. Per di più sembra esserci una crisi politica anche all’interno del suo stesso governo, infatti il Presidente ha cambiato sei ministri e ha perso il favore delle forze armate. ![]()
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