A cura di Elisabetta Crevatin e Marco Monaco, Osservatorio sull'Unione europea
Il 26 febbraio si è tenuta la seconda sessione della videoconferenza tra i membri del Consiglio europeo, avviata nella giornata precedente. In questa occasione, i capi di governo degli stati membri dell’Unione europea (UE) ed il presidente Charles Michel hanno discusso principalmente tematiche relative all’ambito di sicurezza e difesa dell’UE. [1] Un tema particolarmente rilevante è stata la cosiddetta Autonomia Strategica dell’Unione. Dalle dichiarazioni dei membri del Consiglio europeo emerge infatti “l’impegno ad attuare l'agenda strategica 2019-2024 perseguendo una linea d'azione più strategica e rafforzando la capacità dell'UE di agire in modo autonomo”. [2] Questo tema, per quanto efficace in termini comunicativi, rimane ad oggi piuttosto controverso. Lungi dal rappresentare un sinonimo di “autosufficienza” o “indipendenza”, secondo Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali, l’idea di autonomia strategica può essere ricondotta alla capacità dell’UE di perseguire i propri interessi strategici rispettando le proprie norme interne.[3] Inizialmente, questa nozione è stata elaborata nel 2013 con specifico riferimento alla sicurezza e difesa dell’Unione. Tuttavia, il concetto è stato recentemente ampliato dall’attuale presidentessa della Commissione Europea Ursula von der Leyen in occasione della sua elezione al Parlamento Europeo nel luglio del 2019 e successivamente durante la presentazione del suo programma a novembre dello stesso anno. In tali occasioni sono state presentate le priorità della nuova Commissione Europea, comprendendo tra gli elementi fondamentali per il perseguimento dell’autonomia strategica e di una leadership globale anche la sfera economica, energetica, climatica e digitale. [4] Sebbene l’Autonomia Strategica abbia di recente assunto un carattere multisettoriale, che dunque abbraccia quasi ogni ambito della governance europea, non bisogna dimenticare come la sua natura sia fondamentalmente legata alla sicurezza. Non a caso, la recente dichiarazione dei membri del Consiglio europeo è stata elaborata durante la sessione dedicata a sicurezza e difesa. Storicamente, la percezione della necessità che l’UE acquisisse una certa capacità di azione autonoma si è infatti diffusa parallelamente all’idea di un’Unione capace di agire in qualità di attore di sicurezza, difesa e politica estera. A tal proposito, uno degli elementi più importanti (e controversi al tempo stesso) riguarda la relazione dell’Unione con la NATO, la quale rappresenta una delle principali ‘aree di tensione’ che caratterizzano l’Unione Europea fin dalla sua nascita, responsabile in parte dell'incapacità europea di acquisire una concreta autonomia in termini di sicurezza e difesa. Nel corso della Guerra Fredda, solidarietà atlantica e integrazione europea hanno infatti rappresentato due percorsi alternativi, percepiti come inconciliabili nell’ambito della sicurezza. L’impareggiabile preponderanza militare americana e la corrispondente debolezza europea, unite alla percepita minaccia sovietica, resero, infatti, la garanzia securitaria da parte degli Stati Uniti una scelta obbligata per la stabilità dell’UE.[5] A cavallo del secolo, in risposta alla frustrazione generata dalla sua impotenza nell’ambito della sicurezza, l’Unione Europea è stata in grado di superare la tensione tra integrazione europea e solidarietà atlantica, consolidando alcune nuove capacità operative con l’obiettivo di perseguire i propri interessi strategici (in primis la facoltà di intervenire autonomamente nelle crisi del proprio ‘vicinato’). Ad inaugurare questo processo, successivamente allo scoppio della crisi in Kosovo nel 1998, è stata la dichiarazione di Saint-Malo da parte dei governi di Francia e Regno Unito, che ha permesso di riportare in primo piano la necessità, per l’UE, di agire in modo autonomo, supportata da capacità operative civili e militari credibili. [6] Tale fenomeno ha a sua volta rafforzato il rapporto NATO-UE, in quanto entrambe le organizzazioni si sono trovate davanti a sfide comuni dalle quali è scaturita una necessità di cooperazione. Se l’Unione Europea è sicuramente più preparata nel gestire attacchi cyber, crisi migratorie e scenari in cui è richiesto l’utilizzo del soft power, la NATO rimane guardiana della sicurezza territoriale europea. [7] A prova di ciò, le risorse militari dell’Unione Europea sono nettamente inferiori a quelle della NATO, ma l’UE è dotata di organi quali EUROPOL ed EUROJUST che sono specializzati nel gestire minacce ibride concernenti giustizia transfrontaliera e cyber security, maturando quindi un’abilità nel gestire tali problematiche che manca all’Alleanza Atlantica.[8] La complementarità delle loro expertises ha portato all’intensificazione dei rapporti tramite iniziative quali la creazione del pacchetto di accordi “Berlin Plus” (2003) e la dichiarazione congiunta NATO-UE (2016). Se quest’ultima ha rimarcato il fatto che le due organizzazioni sono partner strategici, gli accordi di Berlino sono stati siglati nello stesso periodo in cui l’allargamento ad Est alterava la natura fino ad allora occidentale dell’Unione Europea. Il loro principale scopo è stato quello di incoraggiare la condivisione delle risorse NATO con l’UE in modo da gestire le sfide geopolitiche in Europa. [9] Un chiaro esempio della loro sinergia è l’Operazione EUFOR Althea in Bosnia, in cui le truppe europee hanno utilizzato le risorse NATO nell’ambito del “Berlin Plus”. [10] Grazie a quest’ultimo, infatti, l’UE ha accesso alle risorse di pianificazione NATO, a parte delle sue informazioni classificate, e come nel caso bosniaco, anche al suo personale. [11] L’attuale cooperazione marittima tra l’Operazione UE IRINI e quella NATO MARCOM, volta a sconfiggere la pirateria illegale nel Mediterraneo, è un altro esempio che sottolinea le opportunità di collaborazione tra le due. [12] Il rafforzamento dell’Unione Europea nell’ambito della difesa ha inoltre la potenzialità di assecondare la richiesta americana di presa di responsabilità dei Paesi in Europa sulla loro sicurezza. [13] Numerosi esponenti della classe dirigente americana, quali Donald Trump, Bernie Sanders e Robert Gates, hanno sottolineato come gli stati europei non contribuiscano abbastanza alla loro difesa territoriale tramite la NATO. [14] Implementare ulteriormente i progetti PESCO, il fondo Europeo per la Difesa e l’annuale CARD, quindi, controbilancia l’asimmetria esistente tra UE e Stati Uniti, e segnala a questi ultimi che l’Europa sta gradualmente diventando più forte. [15] Tuttavia, l’autonomia strategica porta con sé delle problematiche quali la competizione NATO-UE per le risorse strategiche, in quanto entrambe le organizzazioni si affidano per la maggior parte allo stesso gruppo di stati membri. [16] La reticenza dei Paesi europei a contribuire finanziariamente alla NATO solleva però dubbi sulla loro capacità di sopperire alle esigenze economiche della Difesa Comune europea (CSDP). [17] Inoltre, gli stati membri hanno dimostrato in più occasioni un orientamento discordante riguardo all’autonomia strategica: se la Francia è stata spesso la sua più vocale sostenitrice, gli stati Baltici e dell’Est Europa continuano ad affidarsi alla NATO in materia di sicurezza. [18] Infine, la competizione tra Paesi che fanno parte dell’UE ma non della NATO, come Cipro, e il caso inverso, ovvero la Turchia, inasprisce tale competizione e rallenta le comunicazioni tra le due organizzazioni. [19] Tali sfide, però, non devono frenare il proseguimento del progetto di autonomia strategica europea, in quanto questo ha portato al rafforzamento del rapporto NATO-UE, tramite incontri biennali, operazioni terrestri e marittime, e simulazioni congiunte. [20] La stabilizzazione del vicinato europeo e la mobilità militare in Europa richiedono una risposta coerente e comune da parte sia della NATO che dell’UE. [21] L’agenda strategica 2019-2024 menzionata dal Consiglio europeo sembra quindi un buon trampolino di lancio per l’implementazione di tali obiettivi, nonché per il rafforzamento dell’autosufficienza dell’Unione Europea e il bilanciamento rispetto alla NATO.
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