A cura di Elisabetta Crevatin, Osservatorio sull'Unione europea
La Serbia in questo 2021 si è dimostrata particolarmente amichevole verso la Bosnia Erzegovina, esprimendo la volontà di regalarle 5000 vaccini AstraZeneca e acconsentendo la richiesta di quest’ultima di aprire un consolato a Novi Pazar.[1] Non è sempre stato questo il caso, in quanto i due stati hanno vissuto un passato travagliato, dalla guerra fratricida dovuta alla disgregazione della Jugoslavia ai conseguenti decenni di riassestamento. Sebbene Bosnia e Serbia continuino ad avere memorie discordanti della guerra, la loro volontà di entrare nell’Unione Europea ha avuto un’influenza importante sul loro riavvicinamento. Come dimostrato di seguito, infatti, l’UE ha notevolmente influenzato il rapporto serbo-bosniaco riguardo alla giustizia transizionale, alla cooperazione regionale e alla prevenzione dei conflitti. Prima di approfondire questi aspetti, è rilevante ricordare che l’allargamento dell’Unione Europea è un processo tortuoso composto da diverse fasi, i cui più importanti passaggi sono l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) e il successivo negoziato dei 35 capitoli di Copenaghen.[2] I paesi candidati devono conformarsi alla legislazione comunitaria nelle tematiche politiche ed economiche, quindi armonizzarsi all’Acquis communautaire.[3] A differenza dei processi di integrazione precedenti,[4] quello che sta avvenendo nei paesi balcanici è stringente. In particolare, se i candidati non dimostrano progressi sostanziali nei capitoli 23 (diritti fondamentali e il sistema giudiziario) e 24 (giustizia, sicurezza e libertà), i paesi membri possono interrompere il processo di integrazione.[5] Questo sistema di premi e punizioni è comunemente chiamato condizionalità dell’Unione Europea. Sia Bosnia che Serbia sono quindi condizionate dall’UE nelle politiche interne ed estere, con la differenza che la Serbia è una candidata ufficiale all’allargamento, mentre la Bosnia sta ancora finalizzando la messa in vigore del suo ASA.[6] Questa disparità può essere spiegata non solo comparando i loro PIL, ma anche il loro livello di coesione sociale. La Costituzione bosniaca è tutt’ora considerata non allineata con le raccomandazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo siccome impedisce ai cittadini che non sono di minoranza bosniaca, serba o croata di assumere la presidenza del Paese.[7] Tale sistema consociativo tripartitico è il risultato del compromesso siglato dalle tre minoranze etniche durante gli accordi di pace, ed è quindi una clausola difficilmente ritrattabile. Anche la Serbia presenta le sue problematiche, in quanto il livello di corruzione, la mancanza di un’opposizione parlamentare solida e il conflitto diplomatico con il Kosovo stanno rallentando i suoi negoziati.[8] Dal 2008, però, la riorganizzazione dei partiti serbi ha marginalizzato sentimenti anti-europeisti, e incentivato un’agenda politica che dà la priorità alle richieste dell’Unione Europea.[9] Infatti, l’Unione Europea ha influenzato il comportamento dei due Paesi e posto come requisito tassativo quello della cooperazione regionale nei Balcani tramite forum regionali e bilaterali.[10] Serbia e Bosnia sono quindi state costantemente incentivate a mantenere buoni rapporti di vicinato, e a garantire una stabilità geopolitica ai margini dell’Unione. In modo da rafforzare questo rapporto bilaterale, l’UE si è occupata della giustizia transizionale riguardo alle violazioni dei diritti umani avvenuti durante la guerra in Bosnia.[11] Due sono i fronti principali: il genocidio di Srebrenica e la cooperazione con il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia (TPIJ). Parlare di Srebrenica è infatti tutt’ora problematico in quanto la Serbia non riconosce l’uccisione di ottomila mussulmani da parte delle truppe serbo-bosniache nel 1995 come genocidio. Questo suscita sdegno nella comunità internazionale e in Bosnia, la cui popolazione sta ancora rimarginando le ferite di guerra.[12] Per colpa di ciò, numerose volte i due Paesi si sono scontrati diplomaticamente, e nel 2015 il Primo Ministro serbo, Aleksandar Vučić, è stato aggredito durante la commemorazione annuale a Srebrenica.[13] In questo marasma, l’Unione Europea ha inequivocabilmente condannato le violenze avvenute e messo pressione alla Serbia affinché riconoscesse Srebrenica in quanto genocidio.[14] L’influenza che l’UE ha avuto verso la Serbia nel cooperare con il TPIJ è altrettanto rilevante. In particolare, ha posto come condizione per ricevere il visa free o l’entrata in vigore del ASA quella di perseguire i criminali di guerra serbi.[15] Gli arresti ed estradizioni di Karadžić (2009), Mladić (2011) e Hadžić (2011) hanno generato una risposta positiva da parte dell’UE, in quanto il Consiglio Europeo ha concesso alla Serbia lo status di candidata ufficiale nel 2012 e diversi organi dell’Unione Europea si sono congratulati con la Serbia per la sua cooperazione.[16] Tale mossa ha compiaciuto anche la Bosnia, che ha finalmente visto dei passi concreti da parte della Serbia nel prendere responsabilità delle avvenute violazioni dei diritti umani. Seconda sfera tematica di cui si è occupata l’UE è l’implementazione dell’accordo di Dayton in Bosnia. Sin dalla fine della guerra, infatti, l’Unione Europea si è proclamata guardiana di tale trattato ed esercita pressione sui politici bosniaci perché garantiscano la funzionalità della Costituzione.[17] La ripartizione della Bosnia in due entità amministrative, ovvero la Federazione croato-bosniaca e la Republika Srpska, ha generato più volte paralisi istituzionali e tensioni tra Serbia e Bosnia. Questo perché l’esponente serbo-bosniaco Milorad Dodik è feroce sostenitore di una possibile secessione della Republika Srpska e della sua successiva annessione alla Serbia; prospettiva che è stata caldeggiata sia dalla Russia che dalla Serbia stessa in passato.[18] Avere quindi l’Unione Europea come garante di Dayton è fondamentale nell’arginare qualsiasi spinta secessionistica, e nel ricordare sia alla Bosnia che alla Serbia che i confini vigenti non possono essere modificati. La disposizione della missione militare EUFOR Althea (2004) in Bosnia ha rafforzato tale concetto, creando deterrenza e ricordando ad altri attori internazionali, quali Russia e Cina, che l’Unione Europea rimane il principale arbitro nella regione.[19] I due Paesi sono lontani dal considerarsi buoni vicini, e ancora più remota è la possibilità di una repentina integrazione di Bosnia e Serbia all’interno dell’UE. Comparando però l’attuale situazione con gli avvenimenti dei decenni passati, entrambe le nazioni hanno fatto passi enormi, e l’Unione Europea è la principale fautrice di questa positiva metamorfosi. Al fine di raggiungere gli obiettivi finora perseguiti, l’UE deve continuare a focalizzarsi sulla cooperazione serbo-bosniaca, magari attuando una strategia simile a quella che usa verso il problema kosovaro. Il TPIJ è stato ormai chiuso, ma questo non vuol dire che i due Paesi non debbano continuare a lavorare per una solida giustizia transizionale. Inoltre, deve essere chiaro che la pressione russa verso la Serbia, sia a livello militare che petrolifero, è tutt’ora consistente.[20] Siccome l’Unione Europea guarda con preoccupazione a tutto ciò, è opportuno che ricordi alla Serbia i molteplici aspetti positivi derivanti all’integrazione UE nel breve e nel lungo periodo. Azioni come queste potrebbero prevenire sconvenienti disequilibri strategici in una delle più instabili regioni europee. [1] Reuters Staff. [Online] Former enemy Serbia donates COVID-19 vaccines to Bosnia's Muslims, Croats. Reuters. 2021. https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-serbia-bosnia-idUSKBN2AU1HR . ; Talha Ozturk. [Online] Bosnia welcomes Serbian consent on opening of consulate. Anadolu Agency. 2021. https://www.aa.com.tr/en/politics/bosnia-welcomes-serbian-consent-on-opening-of-consulate/2158241. [2] Čaušević, Mirza and Gavrić, Tanja. Legal and economic aspects of integration of Bosnia and Herzegovina in the European Union. EU and comparative law issues and challenges series (ECLIC), 3, 2019. https://hrcak.srce.hr/ojs/index.php/eclic/article/view/8996 . [3] Ibid. [4] Srdjan Majstorović. [Online] To be or not to be – the case for Serbia’s European integration. Globalfocus. 2020. https://www.global-focus.eu/2019/08/not-case-serbias-european-integration/ . [5] Ibid. [6] European Commission. Key findings on the 2020 Report on Bosnia and Herzegovina. European Commission, 2020. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/country_20_1793 ; European Commission. Key findings of the 2020 Report on Serbia. European Commission, 2020. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/COUNTRY_20_1792 . [7] Ibid. [8] Ibid. [9] Vachudova, Milada Anna. EU enlargement and state capture in the Western Balkans. In: The Europeanisation of the Western Balkans. Palgrave Macmillan, Cham, 2019. https://www.researchgate.net/profile/Milada-Vachudova/publication/327823453_EU_Enlargement_and_State_Capture_in_the_Western_Balkans_A_Failure_of_EU_Conditionality/links/5f049466458515505091d75f/EU-Enlargement-and-State-Capture-in-the-Western-Balkans-A-Failure-of-EU-Conditionality.pdf . [10] Emini, Donika and Marku, Donika. Regional Security Cooperation in the Western Balkans. Institute for Democracy “Societas Civilis”. Skopje, North Macedonia, 2019. https://idscs.org.mk/wp-content/uploads/2019/06/a5_regional_security.pdf . [11] Wentholt, Niké. Mirroring transitional justice. Construction and impact of European Union ICTY-conditionality. Südosteuropa, 65.1, 2017. https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/soeu-2017-0005/html . [12] Alasdair Sandford. [Online] Srebrenica 25 years on: World leaders urged to counter Serbian genocide denial. Euronews. 2020. https://www.euronews.com/2020/07/11/srebrenica-25-years-on-world-leaders-urged-to-counter-serbian-genocide-denial . [13] Petrovic, Milenko and Wilson, Garth. Serbia’s relations with its Western Balkan neighbours as a challenge for its accession to the EU. Australian and New Zealand Journal of European Studies, 10.3, 2021. https://openjournals.library.sydney.edu.au/index.php/ANZJES/article/view/15203 . [14] Dragović-Soso, Jasna. Apologising for Srebrenica: the declaration of the Serbian parliament, the European Union and the politics of compromise. East European Politics, 28.2, 2012. https://rsa.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/21599165.2012.669731. [15] Wentholt, Niké. Mirroring transitional justice, 2017. [16] Ibid. [17] Nielsen, Anton Holten, et al. Towards A Shared Future: Evaluating the Process and Structure of Europeanization and Conditionality as EU Accession Tools for Bosnia-Herzegovina. International Journal on Rule of Law, Transitional Justice and Human Rights, 11.11, 2020. https://www.ceeol.com/search/article-detail?id=932533 [18] Bećirević, Edina and Turčalo Sead. Russian influence in Bosnia and Herzegovina: How Russia’s support for anti-NATO forces could re-shape the country and the region. Democracy and Security in Southern Eastern Europe, 10:59, 2020. [19] Pulko, Ivana Boštjančič, Muherina, Meliha and Pejic, Nina. Analysing the effectiveness of EUFOR Althea operation in Bosnia and Herzegovina. European Perspectives, 8.2, 2016. https://www.researchgate.net/publication/318502143_Analysing_the_Effectiveness_of_EUFOR_Althea_Operation_in_Bosnia_and_Herzegovina . [20] Żakowska, Marzena. Strategic challenges for Serbia’s integration with the European Union. Ceon Repozytorium, 2016. https://depot.ceon.pl/bitstream/handle/123456789/15428/Strategic%20challenges%20for%20Serbia%20s%20integration%20with%20the%20European%20Union.pdf?sequence=3 . |
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