Giovanni Maggi, Osservatorio sull'Unione europea
Con la presentazione del Digital Compass 2030, l’Europa torna a cavalcare l’onda dell’innovazione tecnologica. Infatti, il 9 Marzo 2021 si è aperto il decennio digitale dell’Unione Europea, che ha come obiettivo l’acquisizione della sovranità digitale. Per meglio comprendere cosa ciò significhi, facciamo prima un passo indietro. Il concetto di sovranità nasce nel sedicesimo secolo con il filosofo francese Jean Bodin, il quale lo definì come l’autorità di un leader politico di prendere decisioni definitive. In un secondo momento, Jean-Jacques Rousseau rielaborò questa definizione, introducendo la concezione di sovranità popolare, contrapposta a quella monarchica di Bodin. Oggi, il concetto ha due volti: una dimensione esterna – l’indipendenza dello Stato rispetto ad altri Stati – e una interna – il monopolio del potere statale entro i propri confini [1]. La rivoluzione digitale e l’avvento di internet hanno portato con sé diverse sfide per gli Stati e la loro sovranità. Due di queste minacce, particolarmente rilevanti all’epoca della loro concettualizzazione, sono state denominate “cyber exceptionalism” e modello di “multi-stakeholder internet governance”. La prima sostiene che la nascita delle reti digitali avrebbe portato alla fine della concezione territoriale di sovranità [2]. La seconda è l’ipotesi secondo cui internet sarebbe governato da una molteplicità di attori non sovrani [3], andando così a costituire una minaccia alla sovranità statale. Le previsioni legate a queste due teorie, entrambe sviluppate negli anni Novanta, si sono generalmente rivelate lontane dalla realtà [4]. La prima, infatti, rimane valida solo nel caso delle cripto-valute, fallendo quando applicata ad altri contesti. Nel caso della seconda, il controesempio più evidente è la tendenza alla regionalizzazione delle reti digitali portata avanti tanto da governi autoritari quanto da quelli democratici. Nel 2013, le rivelazioni di Edward Snowden hanno svelato le azioni di sorveglianza globale condotte dagli Stati Uniti e dai loro alleati [5], dimostrando come il potere egemonico possa essere esercitato anche tramite la raccolta, l’analisi e il controllo dei dati. In questo modo, il discorso politico intorno alla sovranità digitale, sia essa intesa come nazionale o regionale, si è riacceso. Il concetto è diventato così un potente strumento retorico in ambito politico. Come tale, la definizione specifica di “sovranità digitale” varia in base ai contesti in cui l’espressione viene utilizzata e al genere di autodeterminazione – statale, aziendale o individuale – che viene enfatizzata. Nello specifico, se l’attenzione viene posta sull’autonomia statale o regionale, la sovranità digitale sarà intesa come controllo delle infrastrutture digitali. Invece, se si prendono in considerazione gli ambiti statali e aziendali, per sovranità digitale si intenderà un’autonomia economica, cioè l’autonomia dell’economia nazionale da tecnologie e servizi esteri. Infine, l’autonomia individuale produce una definizione di sovranità digitale come autodeterminazione del cittadino nei suoi ruoli di impiegato, consumatore e utente di servizi o tecnologie digitali [6]. Nella comunicazione inviata dalla Commissione alle istituzioni europee lo scorso 9 Marzo, che ha dato vita alla “Bussola Digitale 2030”, le tre dimensioni della sovranità digitale sono sviluppate nella loro interezza. Il “decennio digitale” dell’UE sviluppa quattro aree principali: infrastrutture digitali sicure e sostenibili, trasformazione digitale delle imprese, competenze digitali dei cittadini e digitalizzazione dei servizi pubblici [7]. Al fine di raggiungere gli specifici obiettivi stabiliti dall’Unione, gli Stati membri si impegnano a destinare almeno il 20% dei piani per la ripresa e la resilienza nazionali alle questioni digitali [8]. L’ambizione della Commisione von der Leyen è di ridurre al minimo la dipendenza europea da infrastrutture, tecnologie e servizi prodotti o gestiti da enti al di fuori dei propri confini. Infatti, al momento l’infrastruttura di internet risiede per la maggior parte in Cina e Stati Uniti, così come principalmente cinesi e statunitensi sono le aziende che forniscono i servizi digitali. Per far fronte a questa dipendenza infrastrutturale, entro il 2030 verrà creata una rete interna all’UE tramite l’installazione di 10,000 nodi periferici a impatto climatico zero. Ciò permetterà di gestire direttamente le azioni di analisi e raccoglimento dei dati dei cittadini europei, riducendo così i rischi legati alla cyber security e permettendo alle PMI (Piccole e Medie Imprese) europee di beneficiare dall’uso di tali dati [8]. Inoltre, la produzione di microchip e semiconduttori avviene principalmente in Asia. L’UE punta a cambiare anche questo, ambendo ad acquisire una fetta di mercato equivalente al 20% della produzione mondiale – oggi ne detiene circa il 10%. Un terzo punto importante sviluppato nella comunicazione concerne la ricerca nel campo della computazione quantistica [10]. Oggi, la frontiera quantistica trova il suo maggior polo di ricerca in Cina, dove è sostenuta da investimenti pubblici e privati che superano i 10 miliardi di dollari – a fronte di 1,2 miliardi negli Stati Uniti e di un programma Europeo che si trova ancora agli inizi. Lo sviluppo di un proprio computer quantistico renderebbe l’UE indipendente dal know-how cinese e americano. Secondo la Commissione, la computazione quantistica rappresenta la nuova frontiera digitale, permettendo di risolvere in poche ore o minuti quei problemi che oggi richiedono mesi [11]. Ridurre la dipendenza da tecnologie e servizi esteri è necessario se il fine è quello di raggiungere una vera e propria sovranità in campo digitale. La proposta di iniziative come Gaia-X – il servizio cloud europeo – e la Schengen Routing idea – l’idea che mira a limitare il flusso dei dati entro i confini europei – sono tutti passi verso il raggiungimento questi obiettivi [12]. Ad ogni modo, è necessario anche prendere in considerazione il fatto che, oltre a ridurre la dipendenza dell’UE da altri stati, l’acquisizione della sovranità digitale implica la creazione di inevitabili infrastrutture di controllo – e possibile manipolazione. Le operazioni che porterebbero a raggiungere i traguardi dell’Unione hanno una natura invasiva. Dal punto di vista retorico, il raggiungimento della sovranità digitale non può quindi essere identificato con la difesa dei valori democratici, come viene invece spesso ripetuto in Europa. Il raggiungimento degli obiettivi UE non assicura automaticamente la creazione di una sfera digitale ordinata, sicura e guidata da valori democratici ma semplicemente l’acquisizione di un’autonomia Europea in questo campo. Questa autonomia non è un fine in sé e la sua implementazione deve essere guidata in modo da evitare un secondo caso Snowden. Al fine di creare una sovranità digitale che sia veramente democratica, è necessario un dibattito puntuale riguardo ai metodi e alle procedure, che rendano la trasparenza e la responsabilità delle potenze sovrane requisiti chiave in campo digitale. BIBLIOGRAFIA: [1] Grimm, Dieter (2015), “Sovereignty: the origin and future of a political concept”, Columbia University Press [2] Katz, J. (1997). Birth of a Digital Nation. In Wired. https://www.wired.com/1997/04/netizen-3/. [3] Klein, H. (2002). ICANN and Internet Governance: Leveraging Technical Coordination to Realize Global Public Policy. The Information Society, 18(3), 193–207. https://doi.org/10.1080/01972240290 074959 [4] DeNardis, L. (2012). Hidden Levers of Internet Control. Information, Communication & Society, 15(5), 720–738. https://doi.org/10.1080/1369118X.2012.659199 [5] Steiger, S., Schünemann, W. J., & Dimmroth, K. (2017). Outrage without Consequences? Post- Snowden Discourses and Governmental Practice in Germany. Media and Communication, 5(1), 7–16. https://doi.org/10.17645/mac.v5i1.814 [6] Pohle, J. & Thiel, T. (2020), “Digital sovereignty”. Internet Policy Review, 9(4) https://doi.org/10.14763/2020.4.1532 [7] “Europe’s Digital Decade: digital targets for 2030”, European Commission, https://bit.ly/3tPx00v (Accessed March 2021) [8] Communication of the European Commission (2021), “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade”, p. 7 https://bit.ly/3vdjMuU (Accessed March 2021) [9] Communication of the European Commission (2021), “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade”, p. 6 https://bit.ly/3vdjMuU (Accessed March 2021) [10] INRIA (16 Dec. 2020), Who are the main players in the world of quantum computing?, retrieved from https://bit.ly/2S4biYR [11] Communication of the European Commission (2021), “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade”, p. 8 https://bit.ly/3vdjMuU (Accessed March 2021) [12] Pohle, J. & Thiel, T. (2020), “Digital sovereignty”, p. 8-12. Internet Policy Review, 9(4) https://doi.org/10.14763/2020.4.1532 |
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